Le Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL, UIL, NURSIND e la RSU aziendale della ASL di Latina hanno presentato una formale contestazione al recente piano di “ridistribuzione degli spazi aziendali” e al conseguente piano di ricollocazione del personale delle Professioni Sanitarie, chiedendone la sospensione immediata e l’apertura di un tavolo tecnico di confronto. Secondo la nota aziendale, la misura puntava alla valorizzazione del personale e al miglioramento del benessere organizzativo, ma gli effetti riscontrati sono ritenuti opposti.
Per le sigle firmatarie, il provvedimento ha prodotto diffuso disagio e malcontento senza benefici percepibili. La presunta “valorizzazione” si tradurrebbe in spostamenti forzosi di personale esperto lontano dai propri contesti operativi consolidati, con frammentazione dei team, isolamento professionale e perdita di prossimità operativa costruita nel tempo. La nuova dislocazione implica inoltre spostamenti aggiuntivi per mantenere il contatto con i dirigenti delle professioni sanitarie, con impatti su tempi di lavoro, organizzazione e costi operativi (più tragitti, maggiore uso di autovetture aziendali o private, minor tempo utile per le attività).
Secondo i sindacati, la scelta indebolisce la capacità di coordinamento e il lavoro di squadra, elementi ritenuti essenziali al raggiungimento degli obiettivi aziendali. I principali modelli organizzativi valorizzano la prossimità operativa come fattore chiave per qualità dei processi e coesione dei gruppi. Inoltre, da una prima ricognizione, diverse stanze indicate risultano già occupate, rendendo il piano di fatto inattuabile nei tempi e nei modi previsti.
La riorganizzazione sarebbe stata attuata senza informazione preventiva né confronto con OO.SS. e RSU, in violazione del CCNL Comparto Sanità (2019–2021 e precedenti), che impone informazione e confronto su riorganizzazioni che incidono su ubicazione, orari, modalità di lavoro e benessere organizzativo; il coinvolgimento del CUG per valutarne gli impatti su pari opportunità e benessere; e la possibilità di organismi paritetici per l’analisi preventiva degli effetti sul personale. Nulla di ciò sarebbe avvenuto, con un esclusione delle rappresentanze da un processo che tocca organizzazione del lavoro e qualità della vita professionale.
Nel documento le parti sociali elencano gli esiti attesi o già in atto: riduzione del benessere organizzativo con aumento di stress, demotivazione e conflittualità; peggioramento del coordinamento tra professionisti e dirigenza; crescita dei costi e inefficienze legate agli spostamenti; rischio per la continuità operativa e la tempestività dei servizi; indebolimento dell’istituendo Dipartimento delle Professioni Sanitarie, con perdita di presidio tecnico e governance.
Se l’obiettivo è la razionalizzazione, le organizzazioni sindacali e le RSU indicano alcune opzioni: acquisire o adeguare spazi ampi e modulari con stanze d’uso flessibile, coworking e hot desking integrati con lo smart working per ridurre gli spostamenti e favorire la collaborazione; riorganizzare arredi e postazioni con soluzioni ergonomiche e meno ingombranti; avvicinare il personale alla sede di effettiva operatività o di residenza; mappare i fabbisogni in modo reale su distanze, tempi di viaggio, ruolo, necessità di coordinamento e carichi di lavoro.
Le sigle chiedono: sospensione immediata dell’attuazione del piano di ricollocazione del personale delle professioni sanitarie; apertura urgente di un tavolo tecnico-sindacale per una revisione condivisa, con analisi dei fabbisogni e valutazione di alternative basate su indicatori di benessere, prossimità e funzionalità; coinvolgimento del CUG per valutare gli impatti su benessere organizzativo e pari opportunità; definizione di un “Piano di prossimità” che assicuri contatto operativo costante con i Dirigenti delle Professioni Sanitarie e la continuità dei team nelle sedi cardine.
Le parti firmatarie affermano che una riorganizzazione efficace si costruisce con e per le persone, non contro di esse. Da qui la contestazione del piano nella forma attuale e la richiesta di un confronto immediato per valorizzare realmente i professionisti, migliorare il benessere organizzativo e rendere più efficiente l’assetto, senza smembrare i presidi professionali né indebolire il nascente Dipartimento delle Professioni Sanitarie.
