Violentato da un adulto a Pontinia, è proseguito il processo con l’escussione di due testimoni interrogati sull’episodio
È proseguito nell’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Latina, dinanzi al primo collegio composto dai giudici Soana-Sinigallia-Brenda, processo che vede giudicato un 42enne di nazionalità indiana accusato di aver violentato nel 2020, a Pontinia, un ragazzo di 17 anni. A rappresentare l’accusa il pubblico ministero Marco Giancristofaro.
Sia il maresciallo dei Carabinieri interrogato che la dipendente del bar che ha visto entrare nel locale, il giorno della violenza, il ragazzino con l’uomo, hanno confermato quanto raccontato agli inquirenti 5 anni fa. Il militare dell’Arma ha spiegato che “il ragazzino era molto provato” dopo l’episodio di violenza, mentre la dipendente del bar, pur tra qualche non ricordo, ha testimoniato di aver visto sia il ragazzino che l’adulto insieme dentro il bar.
Sul banco degli imputato c’è S.S., classe 1983, difeso dall’avvocato Emanuele Farelli. Parte civile, assistito dall’avvocato Valentina Sartori, il ragazzo di 21 anni che, all’epoca dei fatti, era minorenne.
Secondo le indagini di Procura di Latina e Carabinieri della Stazione di Pontinia, il 27 luglio 2020, dopo essere andati in un bar a comperare una bibita, i due – adulto e minorenne – si sarebbero appartati nei pressi delle case popolari. È in quel luogo che l’imputato, approfittando della inferiorità psichica del 17enne – affetto dalla sindrome di Tourette e da disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività (ADHD) -, avrebbe abusato del ragazzino, prima abbassandogli i pantaloni e poi praticando un rapporto anale.
“Mi arrivò il messaggio di mio figlio – aveva spiegato nella scorsa udienza la madre in aula – che mi diceva “Sono stato violentato”. rimasi atterrita e andai da lui che si trovava presso la caserma dei Carabinieri di Pontinia. Mio figlio era sotto choc che piangeva. Dopodiché fu trasportato al Goretti ed è iniziata una lunga trafila durata del tempo perché aveva contratto una serie di malattie infettive”.
Anche la madre aveva sostenuto che il figlio, per come le aveva raccontato la storia, avrebbe accompagnato questo uomo a prendere una birra. È stato solo in seguito, una volta appartati, che l’uomo avrebbe violentato il 17enne. “Mio figlio, per via della sindrome di Tourette, prendeva il Tavor, un farmaco che rallentandolo non gli ha permesso di divincolarsi. L’uomo lo aveva immobilizzato, gli ha dato qualche bacio in bocca e gli applicato un prodotto prima di violentarlo”. Oltreché al Tavor, il ragazzino prendeva altro tipo di farmaci che, nella ipotesi della madre, non gli avevano permesso di ribellarsi all’abuso che stava subendo: “La Tourette crea una sorta di stand-by nel cervello. Mio figlio mi disse che non reagì perché aveva paura che l’uomo gli facesse male”.
Il processo è stato rinviato al prossimo 11 febbraio gennaio quando verranno ascoltati tutti i rimanenti testimoni. Agli atti dell’indagine c’è anche un referto medico del pronto soccorso del Goretti e un accertamento tecnico voluto dalla Procura, in quanto vi è stato un incidente probatorio.