Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo cordoglio per la tragica morte di Federico Salvagni, travolto la notte di Ferragosto in via Badino a Terracina da un’auto pirata, e richiama con urgenza l’attenzione sulla drammatica realtà che affligge la provincia di Latina.
“Questo evento non è un caso isolato – spiega Romano Pesavento, presidente del Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU) -: ogni incidente stradale e ogni atto di violenza rappresentano una violazione del diritto alla vita, sancito dalla Costituzione e dai trattati internazionali sui diritti umani, e mettono in luce un deficit culturale ed educativo che esige una risposta immediata e strutturale.
Non possiamo più limitare la nostra reazione alla commozione. La legge, con strumenti come l’art. 589-bis c.p. sull’omicidio stradale, interviene quando il danno è già compiuto, ma la prevenzione richiede un impegno collettivo e quotidiano. È qui che entra in gioco la scuola, non come semplice luogo di istruzione, ma come laboratorio di cittadinanza attiva e consapevole. La scuola deve sviluppare nel giovane la comprensione delle regole come strumenti di tutela della vita e della dignità, insegnando che l’illegalità produce ferite reali e irreversibili.
Educare alla legalità significa far comprendere i legami tra diritto, responsabilità e conseguenze, trasmettendo competenze cognitive, relazionali ed etiche, stimolando il senso critico e la capacità di discernere tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Significa costruire una coscienza civica che percepisca il rispetto delle norme non come vincolo coercitivo, ma come presupposto necessario per vivere in una comunità che protegge i suoi membri più vulnerabili.
Ogni croce sull’asfalto, ogni fiore deposto davanti a una tragedia, è un monito per la società: non possiamo abituarci a contare le morti dei nostri giovani. Non possiamo ridurre la memoria di Federico, di Simone, di Davide a un episodio di cronaca nera. La loro vita interrotta deve diventare un progetto educativo: strade sicure, controlli efficaci, prevenzione, ma soprattutto una cultura della responsabilità e della legalità radicata fin dall’infanzia e dall’adolescenza.
È la scuola che può trasformare il dolore in coscienza civile, il lutto in azione preventiva, l’indifferenza in partecipazione responsabile. Solo attraverso percorsi educativi strutturati e trasversali possiamo sperare di spezzare la catena di tragedie, formando cittadini che interiorizzino il valore del rispetto della vita propria e altrui.
Il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani invita le istituzioni, le famiglie e la società civile a non limitarsi a commemorare, ma a trasformare la memoria in impegno quotidiano, in scelte concrete, in comportamenti virtuosi. Federico e tutti i giovani che non hanno avuto la possibilità di vivere fino in fondo meritano che la loro storia diventi la scintilla di un cambiamento collettivo.
Non possiamo accettare che la perdita di un ragazzo diventi routine. La scuola e la cultura della legalità devono guidarci nella costruzione di comunità più sicure, responsabili e consapevoli. La vita dei nostri giovani non è negoziabile: proteggerla è un dovere sociale, educativo e morale”.