Accoltellato dalla figlia affetta da disagio psichico a Latina: la donna, arrestata lo scorso 30 ottobre, è stata rinviata a giudizio
Inizierà il prossimo 3 ottobre davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina il processo a carico della 39enne Aurelia Porcelli, difesa dall’avvocato Daniele Giordano. La donna, detenuta nel carcere di Rebibbia, dovrà rispondere del reato di omicidio volontario aggravato dal vincolo parentale per aver ucciso lo scorso anno il padre: il 67enne Guido Porcelli. A disporre il rinvio a giudizio è stato il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Laura Morselli, al termine della camera di consiglio di oggi, 10 luglio. Il Gup ha respinto la richiesta della difesa di un incidente probatorio con perizia psichiatrica.
Nell’autunno scorso, dopo l’arresto, la donna si era avvalsa di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari. La difesa non aveva chiesto per lei nessuna misura meno afflittiva rispetto al carcere di Rebibbia dove era reclusa, anche in ragione del fatto che, dopo il primo arresto e la fuga dall’ospedale, la donna non avrebbe alcuna struttura sanitaria dove essere accolta.
Erano stati i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale e della Stazione di Roma Tomba di Nerone ad arrestare lo scorso 30 ottobre, la 39enne di Latina, Aurelia Porcelli, accusata di omicidio volontario del padre morto dopo circa un mese di agonia presso l’ospedale civile “Santa Maria Goretti” di Latina in seguito al fendente all’addome scagliatogli contro dalla figlia.
Nello specifico, una chiamata arrivata al 112, aveva permesso ai Carabinieri di rintracciare la donna a Roma, in largo Sperlonga, mentre era ospite a casa di una conoscente che era stata a sua volta denunciata per favoreggiamento; l’avrebbe infatti aiutata, ospitandola a casa sua dopo che la donna indiziata dell’omicidio del padre, era evasa dal reparto di psichiatria dell’ospedale civile di Latina, dove era sottoposta agli arresti domiciliari. I Carabinieri, con un dispositivo di sicurezza, erano entrati in casa, avevano trovato la donna evasa e l’avevano condotta presso il carcere di Roma Rebibbia.
Guido Porcelli, infatti, era stato accoltellato domenica 22 settembre dalla figlia 39enne che presenta alcuni disagi psichici. L’uomo, purtroppo, dopo circa un mese di agonia, non ce l’aveva fatta ed era deceduto in seguito alla ferita profonda all’addome che la figlia le aveva causato attraverso un un coltello da cucina. Sottoposto a diverse operazioni chirurgiche, l’uomo era morto nel reparto Rianimazione dove era ricoverato dallo scorso mese di settembre.

La figlia era ufficialmente ricercata perché era fuggita dal reparto psichiatrico del Santa Maria Goretti dove era stata trasportata. Per lei, al netto dei gravi disagi psichici, era mutato, almeno nelle fasi d’indagine, il capo d’imputazione dopo la morte del padre: da tentato omicidio a omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela con la vittima.
Dopo la tragedia consumatasi in casa, la 39enne, che viveva in casa con il padre, era stata interrogata dal magistrato prima che evadesse dal nosocomio civile di Latina. La 38enne aveva risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, dall’ospedale civile di Latina “Santa Maria Goretti” dove era ricoverata sin da quando è stata arrestata.
La donna aveva detto di non ricordare nulla dell’accaduto e del perché avesse accoltellato il padre 67enne mentre l’uomo si trovava dentro il suo letto. Anzi, nel merito, non ricordando l’accaduto, aveva negato di aver accoltellato l’uomo, suggerendo invece che fosse stato il padre a volersi suicidare.
Il fatto di sangue era accaduto intorno alle ore 9,30, a Latina, nella zona del cimitero, in viale Kennedy. La donna aveva ferito all’addome il padre di 67 anni mentre entrambi si trovavano dentro casa.
Le cause dell’aggressione sarebbero ascrivibili alla circostanza per cui la donna era affetta da tempo da criticità psichiche molto complicate che la costringevano ad assumere farmaci. Sul posto, dopo l’aggressione, si erano recati gli agenti di polizia della Squadra Volante della Questura di Latina e gli specialisti della Polizia Scientifica per accertare con chiarezza il quadro in cui era avvenuto il fatto violento.
A soccorrere l’uomo, che perdeva molto sangue dal torace, in seguito al fendente della figlia sferrato con un coltello da cucina, erano stati gli operatori del 118 con un’ambulanza e un’auto medica che avevano valutato immediatamente il trasporto del ferito al Santa Maria Goretti. Il 118 era stato chiamato dalla moglie dell’uomo nonché madre della donna che era fuori a fare la spesa; tornando, si era accorta di quanto era avvenuto.
Nel nosocomio civile pontino, il 67enne era stato sottoposto subito a un intervento chirurgico per fermare l’emorragia di sangue. L’uomo, operato più volte in seguito, si trovava in terapia intensiva nel reparto Rianimazione, anche perché il ferimento aveva toccato organi vitali e il caso era molto delicato. Nonostante un leggero miglioramento nei giorni a seguire, il 67enne era deceduto.
La figlia dell’uomo, viste le sue condizioni, era stata trasferita, in stato di arresto disposto dal magistrato di turno della Procura di Latina, presso il Santa Maria Goretti di Latina. Prima della fuga, la donna si trovava ricoverata presso il reparto specializzato Spdc (Servizio psichiatrico diagnosi e cura).
Il coltello con cui era stato ucciso il padre era stato ritrovato dalla Polizia all’interno della camera della donna sotto un panno. Il sostituto procuratore di Latina, Giorgia Orlando, aveva nominato un medico legale che ha svolto l’autopsia sul corpo dell’uomo.