CASO HUAWEI, CHIESTA LA REVOCA DELL’IMMUNITÀ PARLAMENTARE PER DE MEO

Salvatore De Meo
Salvatore De Meo

Caso Huawei, la procura federale belga chiede la revoca dell’immunità parlamentare per il parlamentare europeo, ex sindaco di Fondi, Salvatore De Meo (Fi/Ppe). La richiesta è indirizzata anche al bulgaro Nikola Minchev (liberale) e al maltese Daniel Attard (socialista)

I tre parlamentari sono finiti nel mirino degli inquirenti per le presunte corruzioni dei membri dell’europarlamento. Sono i diretti interessati ad aver pubblicamente fatto sapere di essere stati raggiunti dalle autorità belghe.

De Meo, al secondo mandato e già presidente della commissione Affari costituzionali, spiega all’Ansa la sua versione dei fatti. Avrebbe partecipato solo a un incontro informale, con più persone e tra le quali anche rappresentanti di Huawei. Una riunione, in sostanza, ‘tranquilla’, senza secondi fini. Ora spetta alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, dover gestire la vicenda di concerto con le autorità del Belgio.

Apprendo con stupore la notizia della richiesta, da parte della procura belga, di revoca della mia immunità parlamentare, richiesta che sembrerebbe riguardare anche altri colleghi. Nel mio caso, si fa riferimento ad una mia partecipazione a un incontro conviviale (apericena) – non organizzato da Huawei – avvenuto al di fuori del Parlamento europeo al quale avrebbero preso parte anche rappresentanti del gruppo Huawei”, dichiara Salvatore De Meo, europarlamentare di Forza Italia e del Partito popolare europeo.

“Non si comprende il motivo della richiesta perché solitamente si contesta la fattispecie di un presunto reato e/o elementi che facciano ipotizzare il reato stesso. Non ho mai preso posizione a favore di Huawei, né sotto forma di firme a lettere, di presentazione di emendamenti o qualsivoglia attività legislativa riconducibile ai loro interessi. Se davvero si volesse considerare la sola partecipazione a un incontro informale come elemento sufficiente per avviare un’azione giudiziaria, ci troveremmo di fronte a una grave compressione dell’attività parlamentare e a un preoccupante indebolimento del senso stesso delle istituzioni. Ad ogni modo, la richiesta è solo volta a consentire lo svolgimento delle verifiche, le quali non potranno che confermare l’assoluta correttezza del mio operato. Ribadisco fin da ora la mia totale disponibilità a fornire ogni chiarimento: un passaggio che avrebbe dovuto precedere, e non seguire, una richiesta così grave e infondata”.

L’operazione, nome in codice “Génération”, è scattata a marzo scorso. Un centinaio di investigatori belgi hanno passato al setaccio ventuno abitazioni tra Bruxelles, la Vallonia e le Fiandre, fermando sette lobbisti legati a Huawei e sospettati di aver corrotto con tangenti e regali ex e attuali eurodeputati. La corruzione sarebbe andata avanti “in modo sistematico e molto discreto dal 2021, sotto le mentite spoglie di attività di lobbying commerciale”. Nella tesi degli inquirenti, si nasconderebbero “trasferimenti di denaro per coprire spese di conferenze, vitto e alloggio, regali di valore”, inclusi smartphone del brand cinese, “e inviti a partite di calcio” per seguire i match della storica squadra dell’Anderlecht al Lotto Park, dove Huawei può vantare una tribuna privata. Elargizioni e versamenti da alcune migliaia di euro, veicolati attraverso società portoghesi.

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