Affogò nella piscina del Virgilio Grand Hotel di Sperlonga il 12 luglio 2018: chieste le condanne per due dei tre imputati
Non ci sono dubbi per la consulente medico-legale del pubblico ministero, Valerio De Luca: la morte della piccola Sara Francesca Basso fu causata da un annegamento. A dirlo a chiare lettere è lo stesso pubblico ministero nel corso della requisitoria che è stata svolta oggi, 24 aprile, a quasi sette anni di distanza dai fatti.
Devono rispondere di omicidio colposo le tre persone considerate responsabili della morte della 13enne di Supino, così come disposto, a settembre 2020, dal Giudice per l’udienza preliminare Pierpaolo Bortone su richiesta del Pm Giuseppe Miliano. I fatti afferiscono alla tragica morte della bambina di 13 anni, originaria di Supino, deceduta mentre era in vacanza con i genitori a luglio di sei anni fa.
Secondo l’accusa, sarebbe stato il cattivo funzionamento dell’impianto di aspirazione dell’albergo “Grand Hotel Virgilio” a causare il decesso della 13enne ciociara che si trovava in vacanza con la famiglia a Sperlonga in quel maledetto 12 luglio 2018. Per l’accusa la 13enne è stata risucchiata dal bocchettone di aspirazione della piscina, non trovando più la forza per emergere. Tanto più che furono i soccorsi prestati, come fu inutile averla trasportata in eliambulanza al Gemelli di Roma dove morì qualche ora dopo. La causa della sua morte, come spiegato anche dai medici ascoltati nel processo, è stato il soffocamento dovuto all’annegamento.
Il processo (che ha visto già il cambio dei giudici chiamati a emettere la futura sentenza) ha avuto diverse battute d’arresto tanto che il Tribunale di Latina ha ricevuto un sollecito dagli avvocati Calogero Nobile e Francesca Minotti, difensori dei genitori della bambina che si sono costituiti parti civili, affinché fosse anticipata l’udienza odierna.
Sul banco degli imputati, accusati di omicidio colposo, Mauro Di Martino (46 anni), rappresentante legale della società che gestisce l’albergo, Francesco Saverio Ermini (73 anni), ex proprietario dell’albergo e Ermanno Corpolongo (60 anni), il costruttore che aveva realizzato nel 2004 l’impianto di aspirazione della piscina. I primi due imputati sono difesi dall’avvocato Vincenzo Macari, mentre Corpolongo è assistito dall’avvocato Massimo Signore.
Secondo il pubblico ministero De Luca, non ha avuto nessuna influenza sulla morte il cibo ingerito dalla bambina di 13 anni: “L’istruttoria è stata molto chiara, è l’annegamento ad averne provocato la morte”, spiega De Luca. All’esito del processo, secondo il pm, c’è una realtà incontrovertibile: la coscia della ragazzina su cui è rappresentata fedelmente la forma del bocchettone che l’ha aspirata al fondo della piscina. Furono quattro le persone a provare a risollevare invano la ragazzina e tutte sono state ascoltate nel processo.
Quell’impianto, in un giorno di ordinaria balneazione, riuscì a causare una tragedia, rara, che succede. Quel giorno, il bocchettone “si è dimostrato un’arma letale”. Il bocchettone ha funzionato in quel modo perché, secondo il pm, non si sono utilizzate le cautele che avrebbero dovuto essere applicate. Il bocchettone prendeva l’acqua e la proiettava con una forza importante nella vasca a idromassaggio. La griglia montata sul bocchettone era una griglia di vecchia concezione – continua il pm – e quindi il medesimo bocchettone non era più ritenuto idoneo. Nella piscina non era presenta alcun rilevatore di sottovuoto: ossia un sensore che si instaura sotto le griglie e rileva la mancanza di aria. Rilevando il vuoto, il sensore avrebbe bloccato l’impianto così da fermare l’aspirazione della ragazza.
Ugualmente non c’era l’interruttore che permettesse di interrompere il funzionamento dell’impianto. Il sistema di interruzione era collocato in una stanza sotto le vasche, all’interno di un locale tecnico. Il tasto di cui si è parlato in isturttoria è solo quello che attiva le bolle dell’idromassaggio, ma non è un presidio di sicurezza.
Importante per il pubblico ministero la testimonianza del factotum del complesso a Sperlonga. È lui stesso a dire che si doveva andare nel locale tecnico e sarebbe stato sufficiente azionare il sistema di interruzione: “Io ho fatto una corsa, circa 25 metri. Lì stacco l’impianto”. La griglia, invece, non è dato sapere quando si è rotta: per il pm non è un dettaglio rilevante. L’imputazione rimane identica: scarsa manutenzione e cattiva gestione dell’impianto sono al centro delle accuse contestate. È probabile che si sia rotta con la pressione del corpo della ragazza.
Rispetto alla conformazione della piscina, si parte da un punto fermo: l’annegamento si è verificato dalla potenza di risucchio di uno dei bocchettoni collocati sul fondo della piscina stessa. La forza aspirante del bocchettone, secondo il pubblico ministero, ha avuto una istruttoria persino superiore a ciò che si sarebbe dovuto fare.
Mancava il bagnino – evidenza il pm – o comunque di un soggetto che fosse presente e a conoscenza degli elementi di sicurezza, senza contare l’assidua frequentazione della piscina. Già nel 2013 e nel 2014, i Carabinieri avevano segnalato criticità sul lato della sicurezza, sebbene nel Lazio, nel 2018, non c’era nessuna norma regionale che imponeva il bagnino. Tuttavia, il pubblico ministero critica la gestione di un albergo così frequentato che non aveva previsto la presenza di un bagnino a bordo vasca.
Di Martino ha una posizione legale e assume una responsabilità oggettiva nel ragionamento dell’accusa. Ermini ha una posizione di amministratore di fatto dell’albergo: a dircelo è il Comandante dei Carabinieri di Sperlonga che aveva eseguito sequestri per abusivismo nell’albergo. L’uomo era presente nel giorno della tragedia e, soprattutto, era considerato da tutti come il referente dell’albergo. L’istruttoria dibattimentale ha confermato le loro responsabilità. De Luca, invece, arriva alla conclusione che le responsabilità del costruttore Corpolongo non sono state acclarate nel corso del processo. Nessuno ha detto che l’impianto è stato modificato: non c’è certezza che la piscina nella sua prima installazione, eseguita da Corpolongo, fosse costruita così come era quando ha cagionato, a distanza di anni, nel 2018, la morte della 13enne.
Alla fine della sua requisitoria durata poco meno di un’ora, il pm chiede l‘assoluzione di Ermanno Corpolongo (60 anni), e 2 anni di reclusione ciascuno per Mauro Di Martino (46 anni) e Francesco Saverio Ermini (73 anni).
A seguire hanno parlato gli avvocati Calogero Nobile e Francesca Minotti, difensori dei genitori della bambina: Alessandro Basso e Maria Grazia Camiciotti. A differenza del pubblico ministero, i legali hanno chiesto al giudice monocratico Elena Nadile, di fronte alla quale si celebra il processo, di condannare anche Ermanno Corpolongo. Secondo gli avvocati, la difesa di Corpolongo non è riuscita a provare che ci sia stata modifica alla piscina rispetto a quando fu consegnata. Inoltre, avrebbe dovuto esserci un interruttore di sicurezza sul pavimento vicino alla piscina.
L’avvocato Massimo Signore, che difende Ermanno Corpolongo, ha chiesto naturalmente l’assoluzione dell’assistito, mentre l’avvocato difensore di Ermini e Di Martino, Vincenzo Macari, svolgerà la sua arringa difensiva il prossimo 19 giugno.
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