ANEURISMA SCAMBIATO PER CEFALEA ALL’OSPEDALE DI APRILIA: DUE MEDICI ACCUSATE DI OMICIDIO COLPOSO

Casa di cura Città di Aprilia
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Omicidio colposo per due medici dell’ospedale “Città di Aprilia”: indagate per la morte di un uomo avvenuta a gennaio 2019

Si era recato al pronto soccorso dell’ospedale “Città di Aprilia”, il 59enne Gaetano Rapali quando, in preda a un forte mal di testa, aveva dovuto ricorrere alle cure dei sanitari. Era l’8 dicembre 2018 e quel giorno l’uomo non poteva sapere di avere in corso una patologia che lo avrebbe portato alla morte un mese e mezzo dopo.

L’uomo, che viveva a Latina, lamentava non solo un mal di testa da togliere il fiato, ma anche sintomi quali nausea e sudorazione. Nessuno, però, al pronto soccorso apriliano aveva ritenuto preoccupante quella sintomatologia tanto che il 59enne era stato dimesso. Eppure quel malessere localizzato sarebbe stato la spia di un’aneurisma in atto che, secondo le figlie, assistite dall’avvocato Eleonora Nicla Moiraghi, non era di difficile diagnosi.

Quel giorno, nell’ospedale “Città di Aprilia”, le due dottoresse che lo presero in cura non fecero nessuna Tac all’uomo, né predisposero esame neurologico. Da letteratura medica, sostengono oggi le figlie, costituitesi parti civili nell’ambito dell’udienza preliminare che si tiene dinanzi al Gup di Latina, Barbara Cortegiano, le cefalea era sentinella della patologia più grave, così come il piccolo sanguinamento insorto nell’uomo. Tutti elementi che erano spia del successivo aneurisma che stroncò la vita di Rapali il 24 gennaio 2019.

In realtà, l’aneurima per l’uomo arrivò puntuale il 22 dicembre 2018, a pochi giorni da Natale. Ricoverato d’urgenza all’ospedale civile di Latina “Santa Maria Goretti”, Rapali venne operato dal neurochirurgo che provò a salvargli la vita. Purtroppo, per l’uomo non ci fu niente da fare. Circa un mese di agonia e, infine, il decesso a fine gennaio.

Secondo la famiglia del 59enne, quella trafila da calvario poteva essere evitata se presso il primo nosocomio, ad Aprilia, fossero stati fatti gli esami adeguati che avrebbero individuato la causa della cefalea e delle nausee. Immediata è stata la denuncia alla Procura di Latina che, dopo aver chiesto una prima archiviazione del caso, ha subito l’opposizione alla medesima archiviazione da parte delle figlie. Fu l’allora giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota (quattro anni dopo caduta nello scandalo degli incarichi che ha portato al suo arresto) a disporre nuove indagini, all’esito delle quali il pubblico ministero aveva individuato il dirigente sanitario dell’ospedale apriliano.

Solo individuato però, perché anche in quel caso la Procura ritenne il suddetto dirigente non responsabile del caso di malasanità, stabilendo una nuova archiviazione. Al che le figlie dell’uomo, con tenacia, hanno di nuovo avanzato una richiesta di opposizione all’archiviazione, ottenendo stavolta dal Gip Castriota un ordine alla Procura pontina di imputazione coatta nei confronti di due dottoresse dell’ospedale “Città di Aprilia”, rispettivamente classe 1989 e classe 1992.

Entrambe si trovano ora ad affrontare l’udienza preliminare con l’accusa della colpa medica. Un omicidio colposo per cui una delle dottoresse ha chiesto di essere giudicata col rito abbreviato, mentre l’altra professionista se la vedrà con una udienza preliminare in cui rischia di essere rinviata a giudizio. A decidere sulle sorti delle dottoresse sarà il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Barbara Cortegiano, il prossimo 30 settembre. Accolte come parti civili le due figlie di Rapali, assistite dall’avvocato Eleonora Nicla Moiraghi.

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