STUPRO A PRIVERNO, L’ACCOMPAGNA COL MOTORINO E LA VIOLENTA: CONDANNATO A 6 ANNI E 8 MESI

maltrattamenti

Stupro di Priverno, è stato condannato il 22enne accusato di aver violentato una ragazza nella notte del 3 novembre 2023

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, ha condannato alla pena di 6 anni e 8 mesi di reclusione il giovane 23enne, di origine marocchina, accusato di violenza sessuale ai danni di una donna a Priverno. L’uomo, giudicato col rito abbreviato, è difeso dagli avvocati Maria Antonietta Cestra e Pietro Papa. La pena è risultata maggiore rispetto alla richiesta del pubblico ministero Marco Giancristofaro che si era fermato a 6 anni di reclusione. Al giovane, ristretto nel carcere di Regina Coeli, è stato riconosciuto il vizio parziale di mente.

Una volta arrestato nel novembre del 2023, il giovane, J.Y. (queste le sue iniziali), si era difeso nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Il 23enne aveva risposto alle domande del Gip Mario La Rosa, negando di aver usato violenza nei confronti di una giovane madre. La versione del 22enne è che lui e la ragazza, secondo gli inquirenti vittima di stupro, in realtà avrebbero avuto una relazione sentimentale. Proprio il giorno della contestata violenza, la ragazza era andata ad una festa e il giovane non l’aveva trovata più a casa.

Al termine dell’interrogatorio, il Gip La Rosa, però, aveva convalidato l’arresto e lasciato l’uomo in carcere, non ritenendo sufficienti le spiegazioni fornite.

L’arresto era avvenuto il 3 novembre quando i militari della Stazione Carabinieri di Priverno, guidati dal luogotenente Maurizio Colorito, al termine di una rapida attività investigativa, avevano sottoposto a fermo di polizia giudiziaria, per il reato di violenza sessuale, il 23enne magrebino, di origine marocchina, in Italia senza fissa dimora.

Tra la tarda serata del 1° novembre e le prime ore del giorno seguente, a bordo del suo ciclomotore, secondo la ricostruzione dei Carabinieri, coordinati dal Pm Daria Monsurrò, l’uomo aveva avvicinato la ragazza, trentenne, offrendosi di accompagnarla a casa, ma una volta giunto in una strada isolata, l’avrebbe obbligata, con forza, a seguirla all’interno di uno stabile e lì, contro la sua volontà, dopo averla denudata, l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali completi.

La donna, che nella serata, prima dell’incubo, aveva partecipato a una festa a Priverno, sarebbe riuscita a divincolarsi e fuggire, ancora nudarifugiandosi per le campagne circostanti, dove avrebbe vagato sino a quando non era stata soccorsa da un passante, che l’ha condotta presso l’ospedale di Latina.

I sanitari avevano emesso un referto con una prognosi di 10 giorni, per un trauma cranico non commotivo, contusioni ed escoriazioni multiple. Al termine degli accertamenti medici, in serata, il soccorritore aveva accompagnato la donna presso la Stazione dei Carabinieri di Priverno per sporgere denuncia. Le immediate indagini attivate dall’Arma avevano consentito di rintracciare velocemente l’aggressore.

Al contempo, la giovane madre aveva scritto sui social il suo pensiero dopo l’episodio: “Era un conoscente. Avevo fretta di tornare da mia figlia. Ho accettato il passaggio (e ho sbagliato). Ma solo per questo è stato giusto subire tutto ciò? I suoi urli, la sua violenza carnale, i suoi pugni in testa…ho reagito nel momento in cui ero sicura di non sbagliare e di riuscire a scappare. Ho sopportato il freddo nuda 6 ore in mezzo alle spine e agli alberi per non farmi trovare, perché mi ha cercata per ore. Quando non mi ha più cercata, e quando sentivo che il mio corpo non si muoveva più perché intorpidito dal freddo e dallo choc, pur di trovare una uscita sicura dove poter chiedere aiuto, mi sono portata avanti al petto tutti gli alberi, rami e spine camminando al buio pesto. Sapete perché? Per tornare da mia figlia! La mia unica ragione di vita. E per sei interminabili ore bloccata li, non ho mai dubitato che sarebbe andato tutto bene. Ho il corpo ricoperto di ferite ma non è stato nemmeno un pizzico rispetto al dolore della lontananza di una madre dalla propria figlia. non sono io che mi devi vergognare! Ma quell’essere, che credeva che avrebbe schiacciato una donna. Forse è riuscito a farmi del male, ma non conosceva la forza di una mamma. E questa frase la dedico a lui: “non ti farò vincere nemmeno un giorno di più regalandoti la mia tristezza o il mio dolore“.

La donna, assistita dall’avvocato Antonio Mantuano, avrà diritto a rivalersi sul fronte civile per il risarcimento riconducibile alla violenza subita.

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