Il Viaggio del Ricordo, cofinanziato dal Comune di Latina, promosso dall’assessore alle Politiche giovanili Andrea Chiarato e dall’assessore alla Pubblica istruzione Francesca Tesone, fortemente voluto per il secondo anno di seguito dall’amministrazione guidata dal sindaco Matilde Celentano, ha visto quaranta ragazzi di Latina, accompagnati dai professori Loredana Siano, Cinzia Ponsillo, Michele Lifranchi, Adriana Viscusi, Riccardo Rocca, Annarita Testa, Luisa Fiorito degli istituti comprensivi Castelnuovo, Volta, Da Vinci-Rodari, Frezzotti-Corradini, Fabiano, Prampolini e Giuliano percorrere i luoghi della tragedia degli italiani nelle foibe e il loro esodo, ricordato come giuliano dalmata o istriano. Con loro anche l’assessore Andrea Chiarato ed il presidente della commissione Bilancio Mario Faticoni che, a proprie spese, hanno ripercorso insieme ai ragazzi questa pagina di storia italiana.
Arrivati sul Carso i ragazzi hanno potuto vedere con i propri occhi le drammatiche condizioni della guerra di trincea, ripercorrendone i camminamenti utilizzati dai soldati durante il primo conflitto mondiale fino alla Dolina dei Cinquecento.
Successivamente si sono diretti a Redipuglia, il più grande sacrario militare italiano che custodisce le spoglie di 100.187 caduti della Grande Guerra (1915-1918), circa 40.000 identificati e 60.000 caduti ignoti, un luogo in memoria delle tante migliaia di ragazzi, spesso senza nome, caduti su quel terribile fronte del Carso e che, nella sua possente monumentalità, si presenta come un omaggio al sacrificio di quelle giovani vite italiane.
Raggiunta Piazza Unità d’Italia, a Trieste, che ha da poco festeggiato il 70° anniversario del ritorno della città all’Italia, hanno poi fatto visita alla Risiera di San Sabbia, monumento nazionale che è stato un campo di concentramento nazista, unico ad essere dotato di un forno crematorio in tutto il territorio italiano. La Risiera, durante gli anni del governo militare angloamericano che fece seguito alla mancata realizzazione del Territorio Libero di Trieste previsto dal diktat del 10 Febbraio 1947, fu adattata a Centro Raccolta Profughi a beneficio di una quota delle migliaia di istriani, fiumani e dalmati, che raggiungevano il capoluogo giuliano usufruendo delle opzioni previste dal Trattato di Pace ovvero con mezzi di fortuna e sfidando la sorveglianza armata jugoslava lungo il confine, nonché di dissidenti nei confronti dei regimi che andavano consolidandosi nell’Europa orientale.
Grande commozione al Magazzino 26 (ex 18) al porto vecchio di Trieste: città, porto e magazzino condividono una storia che si intreccia con una stretta connessione con l’esodo istriano-giuliano-dalmata, condividono una storia comune, talvolta drammatica e conflittuale, come quella rappresentata dalla fuga collettiva e forzata di molti italiani residenti in quello che sarebbe diventato territorio Jugoslavo. Gli esuli furono costretti ad abbandonare le proprie case a seguito della sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale e dei pesanti accordi di pace.
L’emigrazione forzata iniziò in seguito alle redistribuzioni territoriali del trattato di Parigi del 1945 causando un afflusso incessante di persone al porto di Trieste e nella città. Gli esuli portavano con sé il poco di cui disponevano, oggetti che oggi potrebbero apparire come cianfrusaglie, ma che all’epoca per loro rappresentavano i resti di tutta una vita abbandonata in fretta e furia verso una direzione ignota, frutto di una scelta che per giunta non avevano neppure compiuto di loro spontanea volontà.
I ricordi si sono susseguiti al Centro di raccolta profughi padriciano che si trova nell’entroterra triestino tra Opicina e Basovizza. Progettato come campo per le forze armate anglo – americane, dal 1948 al 1976 fu utilizzato per dare rifugio agli esuli italiani provenienti dai territori istriani e dalmati ceduti dall’Italia alla Jugoslavia. Infatti, fu proprio attraverso la trasformazione di vecchi campi per internati e prigionieri di guerra, caserme, scuole, in centri di accoglienza che l’Italia rispose, su tutto il territorio 4 nazionale, all’emergenza rappresentata dai circa 350.000 esuli. Dal 2004 Padriciano è sede della mostra permanente Centro Raccolta Profughi. Per una storia dei campi profughi istriani, fiumani e dalmati in Italia allestita dall’Unione degli Istriani. È prevista, in quella sede, la visione di un filmato d’epoca sull’esodo da Pola e l’incontro con una testimone.
Giunti a Fiume passeggiando per la città, gli studenti hanno percepito le forti radici italiane della città, in particolare il Palazzo del Governatore che sorge in posizione elevata rispetto al centro storico cittadino fu la sede di Gabriele D’Annunzio. Arrivati a Zara, da subito si è constatata l’impronta che per secoli ha lasciato la serenissima Repubblica di Venezia dall’effigi del Leone alata di San Marco sulle porte incastonate nei bastioni e dall’architetture dei luoghi culto come
la Cattedrale di Santa Anastasia e la Chiesa di San Donato, una città che aveva una forte identità italiana, come dimostrato nei moti del 1848 e durante le guerre d’indipendenza, proprio per questo pagò il prezzo più grande durante il secondo conflitto mondiale quando fu quasi totalmente rasa al suolo da 600 tonnellate di bombe sganciate dagli angloamericani. Fu una delle città italiane che soffrì il maggior numero di morti in percentuale sul totale della popolazione, circa il 10% dei residenti, nonostante non fosse un obiettivo militare significativo ai fini del conflitto a cui seguì l’esodo pressoché totale della popolazione italiana superstite alla quale fu tolto tutto dalla dittatura comunista instaurata nell’ex Jugoslavia dal Maresciallo Tito.
A Zara non c’erano le foibe come in Istria, così la gente spariva nelle cosiddette “foibe d’acqua”, affogata nel mare con una corda al collo legata ad una pietra. Zara, 25mila abitanti, fu la prima delle città adriatiche a vivere l’esodo di massa ed oggi il suono dell’Organo marino sembra voler ricordare tutte queste anime d’Italiani scomparsi nel mare che bagna la costa della Dalmazia.
Raggiunta Basovizza, i ragazzi hanno fatto visita alla foiba dichiarata monumento nazionale nel 1992, da poco restaurata e fornita di un attiguo nuovissimo centro di documentazione. Rappresenta, non solo l’altare sacrificale di tanti innocenti, ma anche il simbolo dei drammi che hanno segnato le vicende del confine orientale al finire del secondo conflitto mondiale. Nel 2007 il sito è stato restaurato ed un monumento è stato posto a ricordo delle oltre 2000 vittime ipotizzate, scomparse nel maggio-giugno 1945, durante l’occupazione jugoslava della Venezia Giulia, in parte a Basovizza e in parte nelle foibe circostanti (foiba di Monrupino, abisso Plutone – Gropada).
“Con orgoglio – afferma l’assessore Andrea Chiarato – per il secondo anno consecutivo l’amministrazione comunale ha consentito agli studenti della nostra città di conoscere un pezzo di storia ancora troppo poco conosciuto e sul quale spesso si cala un colpevole velo di silenzio, nonostante sono passati più di vent’anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo con la legge 92 del 2004, per conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.
Quest’anno abbiamo inserito anche la tappa di Zara che, se per molti ragazzi prima di partire il nome al massimo ricordava un marchio di moda, oggi dopo il viaggio rappresenta una città dove tra annegati, fucilati, lapidati, impiccati, altre centinaia di italiani di questa città e dintorni si aggiunsero ai migliaia che erano morti sotto i bombardamenti. Il recente deplorevole atto vandalico compiuto compiuto al Monumento Nazionale di Basovizza ci fa comprendere quanto, ancora oggi, il negazionismo sia molto forte in determinate aree geografiche ed il fatto che il Comune di Latina sia uno dei pochi in Italia ad effettuare il Viaggio del Ricordo deve far riflettere tutta la classe politica se si stia facendo abbastanza per diffondere la conoscenza di questi tragici eventi ai nostri giovani”.
“Le sensazioni che i ragazzi ci hanno trasmesso durante questo Viaggio del Ricordo da loro vissuto con interesse, intensità e partecipazione – aggiunge il presidente Mario Faticoni – ci dimostrano che la direzione intrapresa con queste iniziative dal Comune di Latina è quella giusta. Sicuramente rifinanzieremo i due viaggi istituzionali anche per il prossimo anno, cercando di aumentare, per quelle che sono le nostre possibilità, il contributo finanziario che il Comune di Latina ha dato negli ultimi due anni, convinti che non esistono investimenti migliori di quelli fatti per i giovani”.