“RESET”, INIZIANO LE DIFESE DOPO LE RICHIESTE PER 4 SECOLI DI CARCERE

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Reset, sono iniziate le arringhe difensive per gli imputati del processo che contesta l’associazione mafiosa a diversi membri del clan Travali/Di Silvio

Passato un giorno dalle pesanti richiesti di condanna a carico dei membri del clan Travali, per un ammontare complessivo di oltre 4 secoli di carcere, sono iniziate oggi, 13 dicembre, le arringhe difensive degli avvocati.

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Dinanzi al terzo collegio del Tribunale di Latina – Presidente Mario La Rosa, a latere i giudici Paolo Romano e Roberte Brenda – ha preso la parola per prima l’avvocato Alessia Vita per Valentina Travali. A seguire gli avvocati Francesca Roccato per Tonino Bidone, Leonardo Palombi per Antonio Neroni e Massimo Frisetti per Riccardo Pasini.

Dopo la prima parte di udienza, hanno discusso l’avvocato Italo Montini per Shara e Salvatore Travali (per quest’ultimo solo in riferimento al capo d’imputazione in cui viene contestato uno specifico passaggio di droga in carcere), gli avvocati Moreno Gullì per Dario Gabrielli, Marta Censi per Giorgia Cervoni, Alessia Righi per Matto Gervasi e Amleto Coronella per Francesco “Ciccio” La Magna. Nel pomeriggio inoltrato è iniziata l’arringa difensiva per Luigi Ciarelli, da parte dell’avvocato Marco Nardecchia. Ciarelli è sicuramente uno dei personaggi più rilevanti dal punto di vista criminale: è accusato di essere stato il maggiore fornitore di hashish per il clan Travali.

Per quanto riguarda le posizioni di Shara, Salvatore Travali e Giorgia Cervoni, i legali hanno chiesto l’assoluzione e messo in discussione l’episodio di un passaggio di droga avvenuto all’interno del carcere. In quel fazzoletto, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e la Squadra Mobile di Latina, c’era della droga. Si tratta del periodo successivo agli arresti avvenuti nell’ottobre 2015 quando il clan fu sgominato dall’operazione “Don’t Touch”. Un’era geologica fa, dal punto di vista giudiziario, prima che gli ex affiliati Renato Pugliese e Agostino Riccardo decidessero di diventare collaboratori di giustizia e rendessero le dichiarazioni che sono base fondamentale del processo “Reset”. Ad ogni modo, secondo l’avvocato Montini, non vi è prova che in quel fazzoletto vi fosse droga, anche perché in quella particolare zona non c’era nessuna telecamera che potesse riprendere il fazzoletto.

Momento centrale dell’udienza odierna, oltreché alla difesa di Ciarelli, numero tre dell’omonima famiglia, che un certo peso negli ambienti criminali pontini ce l’ha, è stata la difesa di Riccardo Pasini. Quest’ultimo, imprenditore di Latina, è stato già processato a seguito dell’operazione “Don’t Touch”, quando era stato arrestato nel 2015. Pasini, alla fine di quel processo, fu assolto nel corso di un Appello bis anche dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio oltreché dall’associazione per delinquere con i Travali.

Eppure, per via delle dichiarazioni di Riccardo e Pugliese, Pasini si trova di nuovo accusato, stavolta, sempre insieme all’ex poliziotto della Squadra Mobile di Latina, Carlo Ninnolino, di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Pasini è considerato dalla DDA come il tramite tra Ninnolino e il clan: il poliziotto avrebbe passato informazioni di indagine ad Angelo Travali in cambio di soldi, fino a 1800 euro.

Secondo l’accusa, come ha ricostruito l’avvocato Frisetti, a Pasini vengono contestate quattro soffiate: la microspia nella sede del Latina Calcio, la pistola ritrovata negli scantinati dei Palazzoni, la rivelazione di Angelo Travali a Ivan Raponi finito indagato nella maxi operazione anti-droga “Arco” e, infine, l’ormai famigerata Smart Brabus bianca del medesimo Angelo Travali, l’auto con cui “Palletta” avrebbe scortato i fratelli Ranieri e il rumeno Ginga, dopo che questi avevano appena ucciso Giuroiu. Per tale accusa, quella di concorso in omicidio, Angelo Travali è stato assolto dalla Corte d’Appello di Roma.

La difesa di Pasini ha confutato le accuse sostenendo che: la microspia del Latina Calcio fu scoperta perché due poliziotti pochi giorni prima erano andati a far visita a un meccanico vicino al clan, chiedendogli di Francesco Viola, così da insospettire tutti; l’operazione “Arco” era gestita dai Carabinieri non dalla Squadra Mobile di cui Ninnolino faceva parte e, quindi, non avrebbe potuto saperne a riguardo; la pistola negli scantinati dei Palazzoni fu opera di Agostino Riccardo che rivelò la circostanza alla stessa Squadra Mobile; infine, la Smart Brabus vista seguire i fratelli Ranieri non avrebbe potuto essere una soffiata di Pasini.

Dopo l’omicidio Giuroiu, secondo l’accusa, Pasini avrebbe rivelato ad Agostino Riccardo che la Polizia sapsse dell’auto di Travali coinvolto nel delitto. Quest’ultimo particolare sarebbe stato rilevato da Pasini a Riccardo prima del 20 marzo 2014. È solo a partire da quella data, secondo il legale di Pasini, che la Squadra Mobile ebbe contezza della Smart Brabus. Come avrebbe fatto Pasini a rivelare una cosa che ancora doveva accadere? Questa è la riflessione che l’avvocato Frisetti ha rivolto ai giudici. Inoltre, secondo la difesa, gli “spifferi” al clan provenivano da altre forze dell’ordine, in quanto, nel processo Don’t Touch, c’è una condanna passata in giudicato nei confronti di un Carabiniere.

Le arringhe riprenderanno il prossimo 19 dicembre. Prevista un’altra udienza il 20 dicembre, dopodiché è stata tenuta libera la casella del 23 dicembre. All’antivigilia di Natale potrebbero concludersi tutte le discussioni della difesa.

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