LICENZIATO PERCHÈ DISABILE: COMUNE CONDANNATO, IL TRIBUNALE ORDINA IL REINTEGRO

Comune di Castelforte
Comune di Castelforte

Licenziato perché disabile. Dipendente del Comune di Castelforte denuncia l’ente e intenta una causa

Un caso di discriminazione al Comune di Castelforte, difeso dall’avvocato Gianfranco Testa, è quello denunciato da un dipendente licenziato, assistito dall’avvocato Daniele Lancia. Il dipendente ha impugnato il licenziamento per il mancato superamento della prova, ricostruendo al sua esperienza nel comune del sud pontino.

Dopo aver partecipato alla selezione per un contratto a tempo indeterminato part time di 18 ore settimanali, per il profilo di operatore esperto – esecutore specializzato, l’uomo supera la prova e, all’esito di visita medica del 6 giugno 2023, viene ritenuto idoneo al lavoro specifico con la prescrizione di “evitare la prolungata stazione eretta statica” e di “evitare sforzi gravosi”.

Assunto il 4 luglio dello stesso anno, il contratto prevedeva un periodo di prova di sei mesi. Lui e un altro dipendente assunto con la medesima selezione vengono assegnati dalla responsabile d’area al cimitero comunale per provvedere alla cura e al decoro del luogo sacro. Solo dopo un mese, ad agosto, la medesima responsabile ordinava al neo assunto di sospendere il riposo settimanale del lunedì per provvedere alle operazioni di sfalcio del verde dei marciapiedi di via delle Terme nel Comune di Castelforte. Successivamente, dopo tre giorni, sempre ad agosto, al dipendente viene assegnato anche il compito di tagliare l’erba
in Piazza San Rocco e tra Via Fratelli Mattei e Via Alcide De Gasperi.

Il dipendente svolge diligentemente tutti i suoi compiti, alternandoli al decoro del cimitero, ma per recarsi sul luogo di lavoro utilizza la sua autovettura dal momento che è portatore di handicap e l’Apecar messa a disposizione dal Comune risulta sprovvisto di adattamento per persone con disabilità.

Fatto sta che il 30 agosto 2023, la responsabile rappresentava l’esito negativo del periodo di prova del ricorrente e dell’altro dipendente, in quanto i due lavoratori “mostravano resistenza alle disposizioni verbali”. In sostanza, secondo la responsabile, di due neo-assunti non avevano voglia di tagliare l’erba nelle zone pubbliche a loro assegnate. Al che il Comune di Castelforte, preso atto della nota, rompe il contratto di lavoro con il ricorrente per mancato superamento del periodo di prova. Contro quella decisione, il neo assunto impugna tutto perché, secondo lui, il provvedimento di licenziamento è stato “determinato esclusivamente da motivazioni discriminatorie”.

Secondo il ricorrente, il licenziamento è discriminatorio per via della disabilità da cui risulta affetto, così come emerge dalla motivazione del recesso, dove si va riferimento alla “necessità che i due dipendenti siano in grado di condurre il mezzo in dotazione (non potendo questa Amministrazione fornire alcun mezzo speciale)”.

Un licenziamento contestato anche perché, secondo il dipendente, nel periodo di prova, avrebbe sempre ricevuto ringraziamenti al lavoro svolto, senza mai ricevere richiami o rimproveri, senza contare che l’avviso pubblico di selezione non prevedeva alcun requisito relativo alla capacità di guida né requisiti specifici in tal senso erano previsti dalle prove selettive.

Secondo il Comune, invece, il lavoratore è stato licenziato perché si rifiutava di eseguire le mansioni per le quali era stato assunto, pretendendo di svolgere unicamente presso il cimitero comunale, adducendo per mera convenienza la sua inidoneità a guidare l’Apecar messagli a disposizione dal Comune. Inoltre, secondo l’Ente, non ci sarebbe nessuna limitazione alla guida con l’Apecar, pur essendo persona con disabilità.

Il Tribunale civile di Cassino, competente per materia, ha deciso che il ricorso del dipendente è fondato e merita integrale accoglimento. Tra i motivi addotti dal giudice Raffaele Iannucci del Tribunale di Cassino c’è che il lavoratore si è collocato in prima posizione nella graduatoria definitiva degli ammessi in data 2 maggio 2023 e ha sostenuto con esito positivo il colloquio e la prova pratica, oltreché ad essere stato dichiarato idoneo dalla commissione esaminatrice.

Secondo il giudice, l’amministrazione non ha mai contestato quanto allegato dal lavoratore nel ricorso e cioè di avere diligentemente ottemperato alla disposizione di servizio del taglio dell’erba. Lavoratore che ha messo a disposizione chat Whatsapp in cui documentava le varie fasi dei lavori eseguito in Via delle Terme per lo sfalcio dell’erba. E il dipendente peraltro si è reso disponibile a tagliare l’erba anche le giorno di ferragosto 2023, tanto da ricevere un messaggio inequivocabile dalla responsabile: “Buon Ferragosto! E buon lavoro”.

Quanto alla necessità che il ricorrente fosse in grado di condurre il mezzo aziendale Apecar messo a disposizione dal Comune di Castelforte, rispetto al quale il lavoratore aveva addotto delle limitazioni dovute alla sua disabilità, si tratta, secondo il Tribunale di Cassino, di circostanza del tutto irrilevante ai fini del mancato superamento della prova.

“Detta circostanza – scrive il giudice Iannucci – semmai va valorizzata unitamente agli altri elementi idonei a far presumere che l’unico motivo per il quale il Comune di Castelforte ha esercitato il recesso dal rapporto di lavoro con il ricorrente è da ricondursi alla volontà dell’ente di risolvere il rapporto per la condizione di soggetto disabile del lavoratore, non invece per un inesistente e solo pretestuosamente addotto mancato superamento della prova”.

Un licenziamento immotivato quindi se non nella volontà di mettere fine al rapporto di lavoro con un disabile. Il Comune, infatti, scrive i giudice, “finge di ignorare che il ricorrente aveva regolarmente svolto tutti compiti assegnatigli anche fuori del cimitero comunale con la propria autovettura e dunque neppure spiega, alla luce di tale taciuta circostanza, l’indispensabilità e insostituibilità della conduzione della Apecar aziendale per lo svolgimento delle mansioni oggetto dell’esperimento lavorativo, arrivando finanche a negare, nella memoria difensiva, la stessa condizione di handicap del lavoratore”. Peraltro, tra i requisiti della selezione non era fatto cenno alla necessità di possedere una patente di guida per la conduzione del mezzo aziendale: in sostanza, l’Apecar appare un pretesto.

Il Tribunale lo scrive a chiare lettere: “il licenziamento impugnato deve ritenersi radicalmente nullo poiché determinato esclusivamente dall’intento dell’amministrazione resistente di estromettere il lavoratore in ragione della sua condizione di soggetto disabile“. Ecco perché il Comune deve reintegrare immediatamente il lavoratore “con condanna al pagamento in favore dello stesso di una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”.

Il Comune, con la sentenza disposto lo scorso 25 novembre, deve anche pagare le spese di giudizio ammontanti a 7,337 euro.

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