Nell’ambito dell’indagine della DDA di Roma, ad essere arrestati anche il commercialista di Anzio e il politico di Nettuno
Lo scorso 18 novembre, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, i finanzieri del Comando Provinciale di Roma, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 25 persone (di cui 7 in carcere, 12 agli arresti domiciliari e 6 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) indagate, tra l’altro, per emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento e distruzione di documenti contabili, riciclaggio, autoriciclaggio, indebita percezione di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori.
Tutte le ipotesi delittuose contestate sarebbero state commesse per agevolare l’associazione di stampo ‘ndranghetistico promossa dalla cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria). Contestualmente, è stato disposto il sequestro preventivo dei beni costituenti il profitto dei reati (quantificato in circa 7 milioni di euro) nei confronti di 5 società di capitali e 17 persone fisiche.
Il provvedimento, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, costituisce l’epilogo delle indagini coordinate dalla D.D.A. ed eseguite dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (G.I.C.O.), nel cui ambito sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati e, in particolare, di taluni imprenditori attivi nella Capitale impegnati nella commercializzazione di prodotti petroliferi (carburante per autoveicoli).
In particolare, il clan avrebbe operato attraverso una pluralità di imprese affidate a soggetti prestanome, allo scopo di realizzare le cosiddette “frodi carosello” all’IVA. I proventi derivanti dall’evasione fiscale sono stati poi reinvestiti nel medesimo settore economico, mediante l’acquisizione di ulteriori distributori e depositi commerciali di carburanti.
L’inchiesta nasce da un’informativa della Guardia di Finanza di Roma, risalente al febbraio 2022, e si concentra sui rapporti d’affari di imprenditore romano, Alessandro Toppi, “con alcuni soggetti di origine calabrese“. Il settore è quello del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi. Le intercettazioni a carico dell’imprenditore avrebbero “lasciato emergere le fitte trame di relazioni nel comparto petrolifero con esponenti calabresi come Vincenzo Mazzaferro (classe 1971), il figlio Salvatore Mazzaferro (classe 1997) e Nicolò Sfara (classe 1994), quest’ultimo legato ai primi due da vincoli di sangue”. Tutti, emerge nell’ordinanza, sarebbero da tempo “operativi nella Capitale sul mercato dei prodotti petroliferi, grazie alla complicità di una pluralità di soggetti e l’utilizzo di società cartiere e di comodo”.
Vincenzo e Salvatore Mazzaferro appartengono “a un altro ramo della “famiglia” Mazzaferro”, ad ogni modo sarebbero “comunque legati al boss da stretti vincoli di parentela”.
Per l’accusa, Nicolò Sfara (uno degli arrestati) e i Mazzaferro si sarebbero avvalsi “strumentalmente delle attività economiche in cui sono impegnati per la sistematica commissione di attività illecite”. Una delle ditte, Istituto servizi Italia srl, sarebbe stata “di fatto riconducibile a Nicolò Sfara e al gruppo Mazzaferro, almeno fino alla data del 20 marzo 2019”. A quel punto Toppi avrebbe ceduto “l’intero capitale a un soggetto contiguo a un clan di camorra, lasciando peraltro Sfara all’oscuro di tutto”. Il titolare di fatto, “non a caso, appena venuto a conoscenza dell’operazione, vissuta come un vero e proprio affronto”, si sarebbe mostrato “determinato a risolvere la questione ricorrendo alla logica mafiosa della violenza”. Toppi si allontana precipitosamente dall’Italia “per trovare riparo in Albania, preoccupandosi di mettere al sicuro anche moglie e figlio presso persone fidate”.
Da qui inizia l’inchiesta che svela gli altri pezzi della rete che avrebbe “agevolato l’attività dell’organizzazione mafiosa di riferimento”. Il clan di Marina di Gioiosa Jonica avrebbe ampliato i propri affari partendo dalla Capitale per arrivare anche in altre regioni. Seguendo compagini societarie e presunti prestanome, i magistrati antimafia di Roma hanno ricostruito un sistema economico criminale che valeva 7 milioni di euro.
A finire arrestato in carcere anche un esponente politico di Forza Italia, a Nettuno, Pietro Celani. Ai domiciliari, invece, il commercialista di Anzio, Fabio Bruschini, già coinvolto nel 2021 in un’altra indagine della Guardia di Finanza. Secondo gli inquirenti, Bruschini, nell’indagine del 2021, era la mente di un raggiro al fisco.
In tutto 22 le società – disseminate in tutta Italia – che hanno evaso imposte e contributi per circa 15 milioni di euro. Di questi, circa 5 riguardano – in totale – la Servizi industriali di Latina, riconducibile a Emanuele Fatone, 72 anni; la Fdr Servizi di Aprilia, riconducibile a Fabio Di Rienzo, della stessa città; la Daf service, sempre di Aprilia, facente capo a Mauro D’Arienzo, 60 anni, nato nel capoluogo ma residente nella città del nord della provincia e la coooperativa Spazio Lavoro, operante tra le province di Roma e Latina, amministrata da Costantin Marian, originario della Romania, 43 anni, residente a Latina. Aziende operanti nel campo ambientale o dei servizi alle imprese.