“MOBBIZZATA E COSTRETTA A FARE LE PULIZIE TRA LE BLATTE”, L’EX DIPENDENTE FA CAUSA ALL’AZIENDA DI APRILIA

legge

Si è aperta davanti al giudice del lavoro la causa che vede contrapposti la ex dipendente e la nota azienda Self Garden che gestisce l’impianto di compostaggio ad Aprilia

Dinanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Latina, Umberto Costume, è iniziata ieri, 19 novembre, la causa tra un ex dipendente e la Self Garden di Via Frassineto ad Aprilia, una delle società che si occupa di rifiuti nella città del nord pontino.

La causa è stata intentata dalla ex dipendente, assistita dall’avvocato di fiducia, la quale lamenta di aver vissuto un periodo da incubo all’interno dell’azienda, un vero e proprio mobbing reiterato fino al licenziamento avvenuto lo scorso febbraio.

Secondo quanto denunciato dalla dipendente, assunta dal 2016, ma che di fatto lavorava alla Self Garden dall’anno precedente, l’azienda avrebbe messo in pratica nei suoi confronti una serie di comportamenti vessatori. Assunta come amministrativa, la donna sarebbe stata costretta a fare le pulizie del proprio ufficio, oltreché a subire continui comportamenti mortificanti della sua capacità professionale e nel merito della sua attività. La dipendente sarebbe stata accusata anche di aver prelevato somme di denaro, oltreché ad esserle stato imposto il periodo di ferie. Le doglianze vertono anche sul mancato riconoscimento degli straordinari e persino la richiesta di non avviarsi ad una nuova gravidanza.

A comportarsi in questo modo sarebbero stati sia i dirigenti che i dipendenti della società, tanto da ingenerare nella dipendente un forte stato di ansia, paura e stress che ancora permane dovuti anche alla stato di emarginazione che subiva. Una situazione che portava anche diversi colleghi a non rivolgere la parola alla donna, ormai in rotta di collisione con i vertici della società.

Dopo il licenziamento, l’avvocato di parte inviò una diffida per il reintegro della dipendente, mai attuato. Ecco perché la donna ha proceduto a fare causa alla sua ex azienda per vedersi riconoscere quanto, secondo lei, le è stato sottratto.

La ex dipendente, a cui una perizia ha riconosciuto uno stato depressivo e ansiogeno e un consulto medico ha stabilito che in lei si sono formati stati di panico, ha raccontato davanti al giudice di come, dal febbraio 2022, sia stata obbligata a fare le pulizie, peraltro con insoddisfazione da parte della responsabile/direttrice. Senza contare che, secondo quanto raccontato dalla ex dipendente, le condizioni igieniche sul luogo di lavoro erano pessime tra blatte che camminavano sulla scrivania.

Dopo 7 anni di lavoro, la dipendente avrebbe provato anche a chiedere un aumento di categoria, ricevendo in cambio offese verbali e una sfuriata.

“Si rileggevano le mail che inviavo ai clienti, i contratti preparati e si segnalava sempre l’errore alla responsabile/direttrice che a sua volta mi chiedeva come mai avessi sbagliato o non mi fossi accorta degli errori. Per farmi trovare sempre in difficoltà o in imbarazzo spesso mi venivano affidati ruoli per cui non ero formata, con conseguenti errori e pesanti rimproveri da parte della mia diretta responsabile/direttrice. Nel corso del tempo gli atteggiamenti prepotenti da parte dell’azienda sono aumentati, trovando sempre scuse per offendermi, deridermi per motivi futili, su quanti caffè prendessi, su come mi vestissi, con conseguenti calunnie e maldicenze. Tutta questa situazione mi ha messo in uno stato di ansia con tremolii alle mani, alle gambe tanto da procurarmi un peggioramento del mio stato di salute”.

Il culmine viene raggiunto quando, dopo mesi di attacchi di panico e ansia, la donna si sente male sul luogo di lavoro, tanto che il medico di base le ordina 10 giorni di riposo. Dopodiché, uno psichiatra del Csm Aprilia le diagnostica una depressione reattiva e il consiglio di recarsi nel cento specializzato per la valutazione del disadattamento lavorativo.

L’avvocato della donna ha fatto presente nella sua diffida che la donna, già nel 2020, in qualità di responsabile amministrativa, non aveva uno stipendio adeguato in base al contratto nazionale.

Ieri 19 novembre, è iniziata la causa di lavoro per cui il giudice Costume, dopo aver ascoltato anche la versione dell’amministratore delegato dell’azienda, Giuseppe Papaleo, che ha rigettato qualsiasi ipotesi di mediazione e transazione con l’altra parte, si è riservato se ascoltare nuovi testimoni oppure andare subito in decisione e pronunciarsi sul caso.

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