Un’associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio, aggravata dal metodo mafioso: eseguite 47 misure cautelari, sequestri di beni, valori e denaro per 520 milioni di euro, ricostruite false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro. È questo il bilancio dell’operazione denominata “Moby Dick”.
Il pontino arrestato nel corso dell’imponente operazione, Luca Mancinelli, 45 anni, di Latina, si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia. L’uomo è difeso dagli avvocati Emanuele Farelli e Stefania Di Biaggio. Il 45enne, titolare della Ls Solutions e definito dagli inquirenti come procacciatore di broker, è accusato di essersi associato stabilmente con altri soggetti dando vita a un sodalizio criminale transnazionale dedito in modo permanente al cosiddetto lavaggio dell’IVA intracomunitaria attraverso la commissione di un numero indeterminato di delitti tributari.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, Mattia Fiorentini, ha emesso 47 provvedimenti restrittivi – 34 in carcere 9 agli arresti domiciliari e 4 misure interdittive – nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’IVA intracomunitaria nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti. In relazione alla gestione di alcune società per le quali sono in corso procedure concorsuali, i provvedimenti restrittivi riguardano anche reati fallimentari.
Tra i destinatari delle misure custodiali in carcere figurano anche 7 indagati per i quali è stato emesso il Mandato di Arresto Europeo, 4 dei quali localizzati in Repubblica Ceca, Olanda, Spagna e Bulgaria.
È stato, altresì, disposto nei confronti delle persone e delle società indagate il sequestro preventivo, anche per equivalente, di beni, valori e denaro per oltre 520 milioni di euro, individuato quale profitto complessivo della frode, pari all’Iva evasa, ed il sequestro preventivo per riciclaggio di alcuni complessi residenziali ed immobiliari del valore complessivo di oltre 10 milioni di euro siti a Cefalù (Palermo), nonché di altri compendi immobiliari riconducibili ad alcune delle società, ricadenti nei territori di Chiavari (Genova), Bellano (LC), Noli (SV), Cinisello Balsamo (MI) e Milano e Cefalù (Palermo),
Il Giudice ha riconosciuto a fini cautelari per i vertici del sodalizio criminale la circostanza aggravante di aver agevolato, investendone i profitti nel settore delle frodi all’IVA, consorterie criminali camorristiche (i Nuvoletta di Marano) e mafiose (Antonio Lo Manto di Brancaccio) e di essersi avvalsi del metodo mafioso, soprattutto in chiave di composizione di conflitti nati all’interno del sodalizio multilivello tra esponenti delle diverse organizzazioni criminali.
L’indagine è il frutto della convergenza di due distinti filoni investigativi originati dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Varese e Milano con EPPO Milano in tema di frodi carosello, e dalla Polizia di Stato – Squadra Mobile di Palermo e SISCO, con il coordinamento investigativo ed operativo del Servizio Centrale Operativo – e dal Nucleo PEF di Palermo, con EPPO Palermo, nell’ambito del quale emergeva la finalizzazione e partecipazione alla commissione di frodi carosello di esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso e camorristico, gestori di alcune delle filiere di società utilizzate nei circuiti già oggetto di indagine di Milano e incaricati, anche, del rinvestimento dei profitti illeciti. I due procedimenti venivano riuniti, consentendo una eccellente sinergia investigativa grazie alla operatività della Procura Europea sull’intero territorio nazionale, consentendo ai Procuratori Europei Delegati di Milano e Palermo di avanzare unitaria richiesta di applicazione di misure cautelari reali e personali, poi accolta dal GIP del Tribunale di Milano.
Sono state effettuate 160 perquisizioni in 30 diverse province presso abitazioni, uffici e aziende riconducibili agli indagati, effettuate anche con l’ausilio di unità cinofile cash dogs della Guardia di Finanza, specializzate nel rinvenimento di banconote nascoste. Sono in tutto 200 le persone fisiche indagate e oltre 400 le società coinvolte, a molte delle quali cui viene contestato l’illecito amministrativo dipendente da tali reati, come previsto dal decreto legislativo 231/2001. Impegnati anche i militari della Guardia di Finanza di Latina che hanno effettuato un arresto, oltreché a sequestro e perquisizione a Cisterna di Latina.
Il sodalizio è accusato di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti nel settore dei prodotti informatici e, in particolare, nel commercio di Apple Airpods, Kingston, Toshiba, Seagate, Pacchetti Office, altri prodotti, nonché dedito alla commissione di delitti di truffa, riciclaggio, reimpiego, autoriciclaggio dei relativi proventi e altri delitti contro l’ordine pubblico economico. Una indagine che si lega a quella portata a compimento dal Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Latina, con il coordinamento della Procura Europea, tra l’Emilia Romagna e Terracina.
Ad essere indagato anche Gabriele Pischedda, domiciliato ad Aprilia, e Valerico Giupponi, domiciliato a Cisterna di Latina. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati anche nella società VG TECH S.r.l. a Cisterna di Latina che si occupa di commercio al dettaglio di prodotti via internet.
Contestuali attività di esecuzione dei provvedimenti restrittivi, perquisizione e sequestro sono in corso nei Paesi UE interessati dalla frode e, in particolare, in Spagna, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Olanda, e in paesi extra UE, come la Svizzera e gli Emirati Arabi.
L’indagine ha riguardato una strutturata frode carosello all’Iva intracomunitaria nel settore del commercio dei prodotti elettronici/informatici che ha investito diversi Paesi UE (Olanda, Lussemburgo, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania), coinvolgendo anche 20 società estere, e ha riguardato altresì taluni esponenti della criminalità organizzata siciliana e campana i quali, intravedendo gli ingenti profitti del business delle frodi carosello, ne sono entrati a far parte fornendo provviste finanziarie, così riciclando altresì i proventi di altre attività criminali.
Le frodi carosello vengono realizzate sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, interponendo in un’operazione tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fittizio, c.d. “cartiera” (o società fantasma o missing trader), che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla ad un’impresa nazionale (anch’essa coinvolta nella frode) con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana. È in questa fase si realizza la condotta fraudolenta, in quanto la società “cartiera”, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la vende sottocosto senza versare all’Erario l’imposta indicata sulla relativa fattura emessa. La missing trader, infatti, sprovvista di strutture operative e di dipendenti, di norma gestita da prestanome, senza adempiere ad alcun obbligo fiscale, oltre quello di emettere fatture soggettivamente false, dopo una breve vita (massimo 2 anni) viene fatta cessare e sostituita da altra impresa dalle analoghe caratteristiche.
Tale schema fraudolento consente di immettere sul mercato nazionale beni a prezzi molto concorrenziali e prevede, di norma, ulteriori passaggi in cui la merce viene venduta, sempre sottocosto, a favore di altre imprese italiane (c.d. filtro o buffer), inserite nel circuito con l’esclusiva finalità di rendere più difficile l’identificazione dello schema e dei suoi beneficiari finali, rappresentati dalle società c.d. broker, ovvero le imprese effettivamente operative che, acquistando il prodotto dalla buffer con applicazione dell’Iva, vantano nei confronti dell’Erario il credito Iva corrispondente. L’effetto finale è quello di rivendere la merce sul mercato interno, approfittando del prezzo d’acquisto artificiosamente concorrenziale, oppure rivenderla all’estero spesso alle stesse aziende comunitarie (c.d. conduit) che hanno originato la catena commerciale vendendo originariamente alla missing trader, per far sì che il carosello ricominci.
Il danno per l’Unione Europea è costituito dall’Iva indicata nelle fatture emesse dalle missing traders o “cartiere”, che hanno acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la collocano sul mercato nazionale applicandola invece al compratore, senza però versarla all’Erario, ma ripartendola tra i complici della frode.
Imponenti i numeri delle imprese coinvolte nella frode scoperta: 269 missing traders, 55 buffer, 28 società broker e 52 conduit estere, per un volume complessivo di fatture soggettivamene false pari a 1,3 miliardi di euro, nel solo quadriennio 2020-2023.