Pressioni territoriali al Tribunale di Latina, l’imprenditore di Nettuno, Fabrizio Coscione, ricorre contro il giudice per le indagini preliminari pontino
Fabrizio Coscione è il grande accusatore dell’ex giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota. Con quanto dichiarato nei suoi esposti, la Procura di Perugia e la Guardia di Finanza umbra ha imbastito le indagini sfociate negli arresti dell’ex Gip Castriota e dei suoi sodali. Per tale ragione, Castriota e altri tre indagati si trovano in udienza preliminare a Perugia con l’accusa grave di corruzione, tanto che a costituirsi parte civile ci sono anche la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Giustizia e lo stesso Coscione con le sue società.
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Ad ogni modo, per l’imprenditore, più volte coinvolto in indagini, sequestri e processi per reati di natura finanziaria, le battaglie giudiziarie nei confronti del Tribunale di Latina non finiscono.
Ecco perché, Coscione, difeso dall’avvocato Davide Sangiorgio, è ricorso in Cassazione contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Laura Morselli, chiedendo un’istanza di remissione.
Si tratta di un procedimento penale che pende davanti al Gip Morselli e per cui Coscione ha chiesto che l’udienza preliminare sia trasferita dinanzi al Tribunale di Perugia. Secondo Coscione, infatti, vi sarebbe un pericolo concreto di mancanza di imparzialità da parte del giudice per le indagini preliminari Laura Morselli (innanzi alla quale è stata fissata l’udienza preliminare a seguito di richiesta di rinvio a giudizio formulata dagli ex pubblici ministeri di Latina, Carlo Lasperanza e Andrea D’Angeli nei confronti del Coscione), a causa di gravi situazioni locali, che non sono altrimenti eliminabili e che pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo e determinano motivi di legittimo sospetto, con particolare riferimento alla condotta serbata dalla giudice Giorgia Castriota, al pari della Morselli giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Latina, che, sottolinea il Coscione, ha esercitato indebite “pressioni” nei confronti “di altri magistrati di Latina”, al fine di sollecitare la richiesta di misure cautelari reali nei confronti di quest’ultimo (misure effettivamente disposte, sebbene il pubblico ministero D’Angeli non avesse poi sottoscritto l’ordine di esecuzione, in quanto in disaccordo con l’estensione del sequestro preventivo alle quote societarie riconducibili al Coscione).
Coscione, nel suo ricorso, teme che si proceda a ostacolare ovvero ritardare l’esecuzione del provvedimento di dissequestro parziale emesso in suo favore dal giudice del tribunale di Latina, Clara Trapuzzano Molinaro, in un altro procedimento del 2016, intervenuto molto tempo dopo la presentazione delle relative istanze di riduzione del sequestro, nonché allo scopo di sollecitare il deposito di un’istanza di fallimento.
L’arresto di Castriota, in soldoni, influenzerebbe anche gli altri procedimenti penali pendenti di Coscione presso il Tribunale di Latina. Una tesi rigettata a giugno dalla Cassazione (la sentenza è stata pubblicata oggi, 19 ottobre) che, con il sostituto procuratore generale, ha chiesto il rigetto dell’istanza.
Tuttavia, motiva la Cassazione accogliendo l’istanza di rigetto del ricorso di Coscione, “la richiesta di rimessione del procedimento, dunque, deve essere fondata su circostanze gravi, tali da legittimare il timore che, per il concorso di una situazione ambientale anomala, la serenità e l’imparzialità dei giudici possano essere seriamente incise e menomate, con compromissione della corretta esplicazione della funzione giurisdizionale, e non può essere giustificata da mere congetture, supposizioni o illazioni ovvero da vaghi timori soggettivi dell’imputato”.
Inoltre “per grave situazione locale, peraltro, deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito ovvero di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, potendo, i motivi di legittimo sospetto, configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa”.
Senza contare che “il coinvolgimento di singoli membri, di un ufficio giudiziario in inchieste penali, non vale, di per sé, a costituire quella “grave situazione locale” concretamente idonea a turbare lo svolgimento del processo cui partecipino, con vario ruolo, colleghi del magistrato inquisito, ancorché appartenenti allo stesso ufficio o allo stesso circondario di quest’ultimo”.
“Coscione – conclude la Cassazione – in relazione alla supposta assenza di imparzialità da parte della magistratura di Latina, si sia limitato a manifestare semplici timori soggettivi nei confronti di singoli magistrati della suddetta sede giudiziaria, senza addurre alcun serio elemento in base al quale dedurre l’esistenza di una grave e diffusa situazione locale, esterna alla dialettica processuale, in grado di rappresentare un concreto pericolo per la non imparzialità dei magistrati della menzionata sede giudiziaria. Situazione la cui esistenza viene del resto smentita dallo stesso istante, laddove rappresenta la ferma opposizione frapposta dal pubblico ministero dott. D’Angeli all’esecuzione del sequestro disposto nei confronti del Coscione, non condividendone l’estensione anche alle quote societarie, opposizione che indusse la Castriota, secondo la ricostruzione prospettata dall’istante, ad attivarsi in vari sedi proprio per vincere le resistenze ai suoi disegni sorte all’interno della procura della Repubblica di Latina”.