UCCISO A FUCILATE NEL VIVAIO, UN AMICO DI GIANNI: “MI DISSE CHE DI GIROLAMO LO MINACCIÒ: “TI SPARO”

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Marco Gianni
Marco Gianni

Omicidio di Borgo San Donato a Sabaudia, nuova udienza nella Corte d’Assise del Tribunale di Latina dove si celebra il processo al killer di Marco Gianni. È accusato di aver sparato e ucciso il 31enne allenatore di pallamano

Procede a passi svelti il processo per l’omicidio di Marco Gianni, il 31enne di Pontinia, imprenditore del vivaio di Sabaudia e allenatore di pallamano, ucciso a colpi di fucile il 13 aprile 2023 dall’ex marito della compagna, il 34enne, anche lui di Pontinia, Riccardo Di Girolamo.

Oggi, 1 ottobre, dinanzi alla Corte d’Assise di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana – a latere il collega Paolo Romano e la giuria popolare – sono stati ascoltati quattro testimoni delle parti civili, assistite dall’avvocato Giamila Dezio, per i famigliari di Marco Gianni, e dall’avvocato Stefano Ciapanna, per la compagna di Gianni, Giada Roscioli, per l’appunto ex moglie del killer. In coda all’udienza sono stati escussi anche due testimoni della difesa di Di Girolamo, assistito dall’avvocato Fabrizio Cassoni.

Finita l’udienza, il processo è stato rinviato al prossimo 5 novembre quando verranno ascoltati due consulenti della difesa – uno psicologo e uno psichiatra – e un ultimo testimone. Dopodiché, sarà chiusa l’istruttoria ed è pensabile che il processo possa arrivare a sentenza entro l’anno. Se così fosse si sarà celebrato in cinque udienze, quasi un record per un processo a Latina.

All’inizio dell’udienza, probabilmente memore delle tensioni che si erano respirate la volta scorsa all’interno del Tribunale – contrapposti dai due rispettivi lati dell’aula i famigliari di Gianni e gli amici e parenti di Di Girolamo – il presidente della Corte d’Assise è chiaro: non tollererà comportamenti non rispettosi, nel tal caso i responsabili verrano cacciati fuori.

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A testimoniare per primo un amico di Marco Gianni. Interrogato dagli avvocati e dal pubblico ministero Daria Monsurrò, titolare dell’indagine, l’uomo ha spiegato ciò che lo stesso Gianni gli aveva detto prima di essere ucciso: “Dopo una cena che abbiamo fatto, Marco era preoccupato visibilmente e parlammo della questione per cui siamo qui oggi“. I due amici parlarono di come Gianni si sentisse seguito e di alcune “cose strane” che stavano accadendo intorno alla sua famiglia e ai suoi tre cani che furono avvelenati e uno di loro, a detta del testimone, anche percosso.

“Avrei voluto parlare con Di Girolamo – ha detto l’amico – però Marco non voleva l’aiuto di nessuno. Aveva paura di rincasare perché temeva che ci fosse qualcuno ad attenderlo”. Non solo sensazioni, ma, secondo il racconto dell’amico, la vittima era consapevole di ciò che potesse accadere: “Mi disse che Di Girolamo girava con 2 fucili in mano“. Gianni, in quel momento, dopo l’inizio della relazione con Giada Roscioli, aveva già ridotto la frequentazione al bar dello sport di Pontinia: “Sentiva che c’era pressione”. In pratica, il posto famigliare del bar era diventato ostile per via della presenza di Di Girolamo.

“Marco era minacciato da Di Girolamo. Una delle prime volte Di Girolamo gli disse “Ti sparo”, poi, in un un’altra occasione, stavano arrivando alle mani ma sono stati separati”. Stimolato dalle domande dell’avvocato difensore, il testimone ha spiegato di aver vissuto anche lui una situazione simile, ecco perché suggeriva all’amico di tenere i toni bassi. C’è di più: “Consigliai di mettere delle telecamere per tutelarsi“.

Come seconda testimonianza di giornata, c’è stata l’escussione del Comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Latina, Antonio De Lise, che ha coordinato gli accertamenti i quali hanno portato all’identificazione dell’omicida e al suo arresto.

Il tenente colonnello ha evidenziato che calcolarono il tragitto dell’auto che Di Girolamo fece dal luogo del delitto, avvenuto nel vivaio della famiglia Gianni a Sabaudia, in Via del Villaggio, fino a casa, senza contare che furono estrapolati diversi messaggi Whatsapp in cui il killer salutava amici e parenti: messaggi che erano inviati in quanto Di Girolamo si aspettava un arresto di lì a breve o comunque un lungo periodo di assenza. In uno dei messaggi, un amico gli scriveva: “Ma cosa hai fatto?”.

A parlare come testimone delle parti civili anche la madre di Marco Gianni. La signora, con compostezza, ha raccontato gli ultimi anni del figlio “prima di essere ucciso” (quando lo dice in aula c’è un solo momento di pausa). “Marco mi parlò di Giada che stava vivendo una situazione particolare e che veniva picchiata dal compagno. Voleva aiutarla economicamente, ma in maniera dignitosa, e gli dissi di farla venire a lavorare nel vivaio. Mio figlio non mi ha mai detto che stavano insieme, non sapevo della relazione, ma tra le righe avevo capito”+

La donna ha raccontato di come il figlio era solito organizzare tavolate insieme agli amici e negli anni addietro aveva conosciuto, come amici di Marco, anche Giada Roscioli e Riccardo Di Girolamo, all’epoca dei fatti sposati. Entrambi i coniugi erano stati presenti in più occasioni alle cene, facevano parte del gruppo di amici che frequentava la vittima.

Dal 2021, le cose cambiarono. “Mio figlio era preoccupato, da Natale 2022 era diventato nervoso, intrattabile, aveva cambiato abitudini. Riversava questo suo nuovo atteggiamento sul lavoro”. Anche la madre è tornata sugli episodi dei cani avvelenati che avevano destato molta apprensione nella famiglia: due dei quadrupedi furono salvati dal veterinario, la labrador non ce la fece. Un fatto ritenuto inquietante anche perché non era mai accaduto da quelle parti, tanto che Marco Gianni decise di prendere un cane da guardia: un dogo argentino.

“Mio figlio è stato sempre impegnato nel sociale, si occupava dei ragazzi disabili e down. In più era un allenatore di pallamano a titolo gratuito”. Sulla deliberata azione di Di Girolamo, la madre di Gianni è netta: “La nostra casa, vicina al vivaio dove lavoriamo, è su una strada di campagna chiusa“. Chi ha ucciso Gianni, quindi, è venuto di proposito. Ad ogni modo erano circa due anni che “le cene a casa si erano interrotte, Marco era diventato più riservato, stava meno in giro”.

A parlare come ultimo testimone della difesa, è un amico americano di Marco Gianni che, in udienza, ha raccontato di aver assistito a un litigio tra Di Girolamo e Gianni. Tradotto dalla lingua inglese grazie a un interprete, l’amico, che era in visita da Ganni, ha spiegato che un giorno “stavamo prendendo un drink e all’improvviso è arrivato Riccardo urlando, era aggressivo contro Marco e puntava il dito contro di lui. Marco non reagì e gli disse di andare via, eravamo erano al Bar dello Sport di Pontinia

A testimoniare, per ultimi, due amici di Di Girolamo, entrambi cacciatori come l’imputato. Tutte e due le testimonianze hanno puntualizzato su un incidente di caccia avvenuto anni prima. Secondo i due amici, durante una battuta di caccia, Di Girolamo scivolò e, nello sparare un colpo contro una preda, ruppe il fucile. Dopodiché lo stesso Di Girolamo, visto il danno, avrebbe tagliato l’arma. Un particolare che sembra ininfluente ma è stato utilizzato dalla difesa per confutare la premeditazione dell’omicidio contestata dalla Procura. Secondo gli inquirenti, infatti, Di Girolamo avrebbe tagliato il suo fucile, rendendolo a canne mozze, proprio avere effetti più devastanti contro la vittima Marco Gianni.

Di Girolamo, come noto, deve rispondere di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e alterazione di arma comune da sparo. Il 34enne è tuttora detenuto e assiste al processo dalla camera di sicurezza dell’aula di Tribunale.

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