Oggi è stato presentato il rapporto dell’associazione Antigone con il quale si delinea il quadro del sistema penitenziario italiano nei primi mesi del 2019. Ciò che emerge è il perdurare dello stato di sovraffollamento delle carceri, l’edilizia penitenziaria ferma al palo, i trasporti col carcere carenti, l’igiene, la scarsa formazione professionale e connettività ecc. (scarica qui) . Un quadro non edificante, dove spuntano alcuni dati in cui il Lazio primeggia. In negativo.
Al 30 giugno 2019 – spiega il rapporto di metà anno preparato da Antigone – i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane erano 60.522. Negli ultimi sei mesi sono cresciuti di 867 unità e di 1.763 nell’ultimo anno. Se questa progressione dovesse essere rispettata, nel giro di quattro anni ci troveremmo nella stessa situazione che produsse la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel 2013. Il tasso di sovraffollamento è pari al 119,8%, ossia il più alto nell’area dell’Unione Europea, seguito da quello in Ungheria e Francia.
Il Ministero della Giustizia precisa che i posti disponibili nelle carceri italiane (50.496) sono calcolati sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri, lo stesso per cui in Italia viene concessa l’abitabilità alle abitazioni, più favorevole rispetto ai 6 mq + 4 più i servizi sanitari stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Però il Ministero non tiene conto delle sezioni chiuse temporaneamente per ristrutturazioni.
Nel 30,3% delle carceri Antigone ha trovato celle dove non erano garantiti i 3 metri quadri a detenuto. Tra le carceri visitate nel 2019, nelle seguenti vi erano celle con spazi inadeguati rispetto alla giurisprudenza europea: Como, Napoli Poggioreale, Palmi, Roma Regina Coeli, Taranto, Velletri, Rebibbia femminile, Pozzuoli femminile, Siracusa, Alessandria San Michele. Oltre un terzo dei detenuti è dentro per violazione della legge antidroga. Il 31,5% delle persone in carcere è in custodia cautelare in quanto ancora senza una condanna definitiva. Il dato è in decrescita rispetto a un anno fa, quando la percentuale della custodia cautelare era al 33,5%. Nonostante ciò, nell’area della Ue solo Belgio e Danimarca hanno percentuali più alte. Va comunque considerato che in Italia, a differenza di altri Paesi, la sentenza di condanna in primo o secondo grado non è esecutiva. Il 15,8% dei detenuti è in carcere in attesa del primo giudizio. Una percentuale comunque molto alta.
Al 30 giugno 2019 i detenuti stranieri sono il 33,42% della popolazione reclusa. Erano il 33,95% sei mesi fa e il 35,19% sei anni fa, al tempo della sentenza di condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso Torreggiani. Ed erano il 37,10% dieci anni fa.
Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% degli stessi finiva in carcere, oggi la percentuale è scesa allo 0,36%.
Le nazionalità più rappresentate sono rispettivamente quella marocchina (18,7% del totale degli stranieri), rumena e albanese (12,4%), tunisina (10,1%), nigeriana (8%). Un dato molto basso è quello dei siriani (0,3%). Superiore è quella dei polacchi (0,7%), pari a quello dei russi. Rumeni sempre più in calo, meno 1121 in sei anni.
Gli stranieri sono perlopiù ristretti in alcune regioni. Il Lazio ne ospita 2.515, ossia un ottavo del totale; la Lombardia addirittura 3.723, ossia più di un quinto del totale. Un decimo è in Piemonte. La Sardegna è usata quale contenitore di detenuti stranieri, così disancorandoli dai territori di vita precedente. Costituiscono l’80% a Is Arenas e il 78% a Nuoro.
26.655 detenuti, pari al 44% del totale, provengono per nascita dalle quattro regioni meridionali più popolose: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria.
Nel 30% delle carceri visitate non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i propri figli. Solo nell’1,8% delle carceri vi sono lavorazioni alle dipendenze di soggetti privati. Nel 65,6% delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3% delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet.
Sono 26 i suicidi dall’inizio dell’anni, 94 i morti in totale. In alcune carceri si muore troppo. Ben sei i morti nel carcere napoletano di Poggioreale dall’inizio dell’anno, di cui quattro nell’ultimo mese. E poi due a Taranto, Genova Marassi e Milano San Vittore.
Per quanto riguarda i permessi premio, il Lazio e la Campania hanno attuato una stretta. Nel primo semestre del 2019 sono stati concessi 19.610 permessi premio, una media di 0,3 a persona considerando il numero dei detenuti presenti alla fine del periodo, un dato stabile negli ultimi anni. È invece assai variabile la percentuale delle concessioni nelle varie regioni italiane. In termini assoluti, la regione che ha visto concedere più permessi è stata di gran lunga la Lombardia (7.902), seguita dal Piemonte (1.412), dalla Toscana (1.247) e dalla Campania (1.208). Anche considerando il dato in relazione alle presenze la Lombardia stacca le altre regioni, con una media di quasi un permesso a detenuto (0,9). La seguono Umbria (mezzo permesso a detenuto: 0,5) e Liguria e Sardegna (entrambe 0,4). In Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta nei primi sei mesi dell’anno sono stati concessi 0,1 permessi premio ogni persona detenuta. Tale disomogeneità è il segno di una pari disomogeneità culturale tra i diversi operatori e magistrati di sorveglianza.
Il 45,2% dei detenuti ha almeno un figlio. Sono oltre 61.000 i figli che hanno almeno un genitore in carcere. Sono 27.355 i detenuti nelle carceri italiane interessati dalla paternità o dalla maternità, il 45,2% del totale. Di questi, 3.785 hanno più di quattro figli e 9.349 ne hanno più di tre. Se guardiamo invece ai soli detenuti stranieri, la percentuale di coloro che hanno figli scende drasticamente al 29,6%. Alla metà del 2019, erano 54 (26 stranieri e 28 italiani) i bambini presenti nelle carceri italiane insieme alle loro madri detenute, di cui 35 erano alloggiati negli Istituti a Custodia Attenuata per Madri (Icam).
Nel corso dell’ultimo mese sono giunte ad Antigone segnalazioni circa la chiusura di diversi corsi scolastici nei territori del Lazio e della Calabria. Nonostante la richiesta di chiarimenti alle istituzioni scolastiche locali, regionali e nazionali, non è stata fornita ad Antigone alcuna risposta.
Al 30 giugno 2019 sono 2.632 le donne detenute nelle carceri italiani, pari al 4,3% del totale della popolazione ristretta. Un dato in linea con i precedenti, raramente infatti le donne sono state più del 5% della popolazione detenuta. Il Lazio (422) e la Lombardia (469) sono le regioni che ospitano più donne. In tutto sono 49 le carceri italiane che ospitano donne. La riforma si è preoccupata di disporre che la capienza delle sezioni femminili non sia così esigua da “compromettere le attività trattamentali”. In 7 carceri il numero di donne rimane inferiore a 15, a Palliano (FR) ne è ospitata solo 1. Il carcere di Roma Rebibbia femminile è quello che ospita più donne in assoluto, 359 (a fronte di una capienza regolamentare di 276 posti).
EDILIZIA PENITENZIARIA: C’È SPERANZA PER UN NUOVO CARCERE A LATINA?
La popolazione detenuta aumenta e le difficoltà croniche del sistema penitenziario italiano inevitabilmente, e proprio per questo, si aggravano. Dalle visite di Antigone risulta come oggi ci siano più detenuti per ogni agente (erano 1,8 nel 2018, sono 1,9 nel 2019), più detenuti per ogni educatore (erano 78 nel 2018, sono 89,9 nel 2019), mentre in percentuale calano i detenuti che lavorano per l’amministrazione penitenziaria (si è passati dal 28,6% al 24,4%) o che vanno a scuola (erano il 26,9% nel 2018, sono il 23,3% nel 2019).
Anzitutto, ci sono i soldi? Dall’analisi dell’associazione emerge che, a copertura delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione, ci sarebbero circa 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. Se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52 per la realizzazione di 4.400 posti, basteranno meno di 30 milioni di euro in due anni per fare di meglio?