Omicidio Mariottini: negato l’ergastolo ai tre imputati coinvolti nell’appello bis per l’uccisione di Desiree Mariottini. Condanne dai 18 ai 26 anni di carcere
Il processo di Appello bis a Roma per l’uccisione della 16enne di Cisterma, Desiree Mariottini, ha portato alla riduzione delle condanne per gli imputati. Il dispositivo della sentenza è stato emesso oggi, 29 maggio.
Il Procuratore Generale aveva chiesto che i tre imputati fossero condannati nell’ambito del secondo processo per l’omicidio di Desiree Mariottini, l’adolescente violentata e uccisa il 19 ottobre del 2018 in un tugurio abbandonato nel quartiere romano di San Lorenzo, in via dei Lucani.
L’accusa, nell’appello bis, aveva chiesto l’ergastolo, con isolamento diurno per un anno, per Mamadou Gara, e le condanne a 24 e 27 anni per Brian Minthe e Alinno Chima. Tutti e tre sono accusati, a vario titolo, di omicidio, violenza sessuale e spaccio. Il nuovo processo di appello era stato disposto dalla Cassazione nell’ottobre scorso ed era iniziato ad aprile.
Il verdetto dei giudici di secondo grado farà discutere. Per Mamadou Gara, la condanna è stata a 22 anni di reclusione, mentre per Brian Minthe e Alinno Chima le pene sono state ridotte rispettivamente a 18 e 26 anni di carcere.
Il bis del giudizio di secondo grado era stato disposto dalla prima sezione della Cassazione lo scorso ottobre. Lo scorso 20 ottobre 2023, la prima sezione penale della Suprema Corte, presieduta dal giudice Giuseppe Santalucia, aveva, infatti, stabilito di non confermare le condanne dei quattro imputati e la prima sentenza di Corte di Appello. Gli ermellini avevano disposto l’appello bis per Mamadou Gara, condannato all’ergastolo, in relazione all’accusa di omicidio. Appello bis anche per Brian Minthe in relazione all’accusa di cessione di stupefacenti, per il quale è caduta anche un’aggravante come per il coimputato Alinno Chima: i due erano stati condannati in appello a 27 anni e a 24 anni e mezzo di reclusione. Infine, la Suprema Corte aveva annullato la condanna di violenza sessuale Yousef Salia, condannato all’ergastolo nei giudizi di merito, confermando la sua responsabilità per gli altri capi di imputazione. Il reato di violenza sessuale per Salia è stato stato assorbito in quello di omicidio.
È a fine novembre 2023, invece, che sono uscite le motivazioni della sentenza del 20 ottobre precedente per la morte di Desirée Mariottini, morta a causa di un mix letale di droghe, dopo essere stata violentata in un tugurio abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo a Roma.
Il 17 aprile scorso, era ripartito il processo in Appello con le parti civili assistite dagli avvocati Maria Belli, Oreste Palmieri, Maria Teresa Ciotti e Claudia Sorrenti.
“La morte di Desirèe Mariottini – si leggeva nelle 58 pagine di motivazioni depositate dalla Cassazione a fine novembre – è arrivata “a conclusione di una lunga sequenza di eventi criminosi, che si sviluppava lungo diverse ore, nella quale le condotte relative alla somministrazione delle sostanze stupefacenti ingerite dalla vittima fin dalla mattina del 18 ottobre 2018, che le provocavano l’overdose, si collegavano con le condotte relative alla mancata attivazione dei soggetti presenti nella “sala del crack”, dove la minore era stata lasciata agonizzante su un letto senza essere soccorsa”
“È incontroverso che gli imputati erano a conoscenza della condizione di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire, essendo stata l’overdose provocata dalla reiterata somministrazione di sostanze stupefacenti – tra cui metadone, cocaina ed eroina – avvenuta all’interno di locali in cui erano presenti” gli imputati, “che erano nella disponibilità di Salia, Minteh e Alinno, i quali, sia pure abusivamente, li abitavano”. Inoltre la “consapevolezza è ulteriormente dimostrata dal fatto che, dopo che la minore era stata violentata nel container ed era precipitata in uno stato di incoscienza, Salia, Minteh e Alino tentavano di rianimarla, schiaffeggiandola, versandole acqua sul viso e facendole ingerire una miscela di acqua e zucchero, fino a quando, resisi conto di non essere in grado di farla riprendere, la lasciavano agonizzante sul letto della stanza dove veniva trovata priva di vita”.