Ristoro nucleare, anche la Provincia di Latina si vede dare ragione dal Tribunale Civile di Roma: ha diritto a oltre 17 milioni di euro.
Il ristoro per la centrale nucleare di Borgo Sabotini, da oltre 27 milioni di euro, di cui avrebbe diritto il Comune di Latina, è stato impugnato dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero dell’Economica dopo che l’anno scorso il Tribunale Civile di Roma aveva dato ragione all’ente di Piazza del Popolo.
Stesso destino potrebbe avere, anzi lo avrà, il ristoro riconosciuto dallo stesso Tribunale Civile capitolino alla Provincia di Latina che, tramite i legali dell’ente di Via Costa, Claudia Di Troia e Giulio Tatarelli, ha avuto la meglio su Governo, Mef e Cipe. Il ristoro riconosciuto è di quasi 18 milioni di euro per gi anni che vanno dal 2005 al 2020.
Soldi, tanti, che, però, sono sub judice in ragione della caparbietà con cui lo Stato italiano impugna questo tipo di sentenze fino a tutti i gradi di giudizio, così come capitato ad altri comuni della provincia e d’Italia che danno battaglia a carte bollate in Cassazione.
Secondo il Tribunale Civile di Roma, nella sentenza disposto il 24 maggio scorso, la Provincia di Latina ha diritto al ristoro “quale ente sede di impianto nucleare”. L’ente di Via Costa, recita la sentenza, ha diritto “all’erogazione del contributo annua senza alcuna decurtazione”. Una vittoria per la Provincia di Latina, così come quella che fu per il Comune di Latina. Solo che in ambedue i casi, c’è molta cautela da parte delle amministrazioni per due motivi: primo perché lo Stato, come detto impugna, e mettersi contro lo Stato non è giudicato saggio; secondo perché vedere concretamente quei soldi è una circostanza ammantata da diffuso scetticismo. Così si spiegano il low profile e l’assenza di comunicati ufficiali.