Per quanto riportato dal sito di Avvenire (il 17 luglio), sarebbero addirittura due le inchieste aperte dalla magistratura di Latina e di Roma sul caporalato “sessuale” in seguito a un’inchiesta/reportage della medesima testata. In particolare, le inchieste si concentrerebbero su temi scottanti denunciati dal reportage quali le braccianti indiane sikh sfruttate dagli imprenditori e costrette a subire violenze sessuali per non perdere il lavoro.
Ad aver istruito le indagini sarebbero la Procura di Latina e la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma intervenuta perché, oltre ai reati relativi allo sfruttamento lavorativo, alla sicurezza e alle norme sull’impiego, si rappresenterebbe una vera e propria riduzione in schiavitù, di competenza della DDA capitolina.
Circa due mesi fa, Avvenire aveva incontrato alcune delle donne della comunità sikh le quali avevano raccontato di “lunghissime giornate di lavoro, chiuse per 14 ore in un capannone a selezionare, pulire, lavare e incassettare ravanelli, zucchine e carote…pagate 4 euro l’ora, ma solo per 4-6 ore“. Nessuna protezione per il clima e e gli infortuni ma sopratutto lo scenario del ricatto sessuale, di per sé l’aspetto più inquietante e che ha avrebbe drizzato le orecchie ai magistrati: “Alcuni caporali e proprietari ci provano, soprattutto con le ragazze nuove, quelle che hanno più bisogno. E che alla fine accettano le avance“.
E ancora, sempre durante l’incontro riservato con donne e braccianti a Borgo Hermada (Terracina), tra Avvenire assieme a Gurmukh Singh, presidente della Comunità indiana del Lazio, le altre rivelazioni rivelate dal reportage: “Se accetti le mie avance ti rinnovo il contratto, se non accetti io, attraverso il mio mediatore che è il caporale, dico alla tua comunità, che sei una poco di buono“. Racconti che avrebbero preoccupato molto anche alcuni imprenditori che più volte – come scrive Avvenire – nel passato erano già intervenuti, anche pesantemente, ricattandole, per convincere le donne a non denunciare. E si sarebbero attivati nuovamente, con le stesse modalità, dopo l’articolo. Avrebbero avvicinato i mariti di alcune delle donne che hanno parlato con la testata, minacciandoli di non farle più lavorare se non avessero smentito le dichiarazioni, nel caso fossero state convocate dalla Polizia.
Avvenire, inoltre, ricorda quanto dissero alcuni sikh nell’incontro riservato rispetto ad alcuni imprenditori presunti ricattatori di lavoro e di sesso: “Dicono che sono amici di poliziotti e carabinieri. Chiamate chi volete, tanto non viene nessuno“. L’ennesimo aspetto inquietante che metterebbe in luce il cortocircuito di chi dovrebbe controllare e che, almeno a giudicare dall’inchiesta Commodo che coinvolse caporali e Cisl, non sarebbe così lontano dagli schemi pontini: quella volta ad essere arrestato fu anche uno di coloro che avrebbe dovuto vigilare sulle buone condizioni di vita e lavoro dei braccianti, l’ispettore del lavoro Nicola Spognardi.