Esproprio Parco dei Mille ad Aprilia: la Cassazione respinge il ricorso del Comune e lo condanna a pagare 9 milioni di euro
È una sentenza della I sezione civile della Corte di Cassazione a giudicare improcedibile il ricorso presentato dal Comune di Aprilia contro una pronuncia della Corte d’Appello di Roma e le società Costruzioni civili Aprilia e Costruzioni immobiliari Aprilia, entrambe srl in liquidazione.
Una storia annosa che iniziata addirittura nel 1985 quando la Costruzioni Civili Aprilia convenne in giudizio davanti al Tribunale di Latina il Comune di Aprilia, esponendo di essere proprietaria di un’area di
terreno occupata nel 1979 dal Comune e da questo irreversibilmente trasformata con la realizzazione di un parco pubblico, per l’appunto il Parco dei Mille, senza che fosse intervenuto decreto di espropriazione, e che era stato annullato dal TAR del Lazio il decreto di occupazione. La società chiedeva la condanna dell’ente convenuto al risarcimento dei danni subiti.
Come ricostruisce la Cassazione, si oppose il Comune di Aprilia, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Successivamente, con sentenza del 28 giugno 2002, il Tribunale pontino, accertata l’illegittimità dell’occupazione e la destinazione edilizia dell’area, accolse la domanda dei privati, condannando il Comune di Aprilia al pagamento della somma di 1.371.855 euro oltre rivalutazione e interessi.
Il Comune di Aprilia si oppose in Appello contro quella decisione e i giudici di secondo grado, nel 2008, giudicarono inammissibile il ricorso contro la Costruzioni Immobiliari Nuova Aprilia che si costituì unitamente alla originaria società Costruzioni Civili Aprilia.
Dopo quella seconda pronuncia che gli dava torto, il Comune di Aprilia ha proposto due ricorsi sollevando due motivi di violazione delle norme. La Cassazione, nel 2015, accolse entrambi i ricorsi, e cassò la sentenza impugnata, rinviando, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Il nuovo round in Appello fu un disastro per il Comune di Aprilia. I giudici di secondo grado, con un diverso collegio, accolsero, nel 2018, l’appello principale del Comune, ma anche quello incidentale della Costruzioni Civili Aprilia e, in riforma della sentenza di primo grado, condannò il Comune di Aprilia a pagare alla Costruzioni Civili la somma di 8.075.204 euro e la somma di 1.211.278 euro, oltre accessori e spese dell’intero giudizio. Circa 9,2 milioni di euro a carico dell’ente di Piazza Roma. In questa sentenza, la Corte ha confermato l’irreversibile trasformazione del fondo occupato, considerato di natura edificabile, alla stregua del previgente programma di fabbricazione, stante il carattere espropriativo del vincolo a parco pubblico imposto dal piano regolatore generale.
Infine, il Comune di Aprilia ha provato a ricorrere di nuovo davanti alla Cassazione contro la sentenza dell’Appello che lo ha aveva condannato a pagare oltre nove milioni di euro. Nei giorni scorsi è arrivata la irrevocabile sentenza della Cassazione dopo un iter giudiziario lungo 38 anni.
A dare torto al Comune è la tempistica. Il ricorso, infatti, come motiva la Cassazione, non supera neppure la cosiddetta “prova di resistenza”, perché la sentenza dell’Appello che condannava l’ente è stata pubblicata il 13 luglio 2018 e il ricorso del medesimo Comune è stato notificato solo il 19 ottobre 2018.
“Quindi – si legge nella sentenza – pur tenendo conto della sospensione feriale dei termini processuali, oltre i sessanta giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, data prima della quale materialmente la sentenza non avrebbe potuto essere stata notificata”. Un problema di notifiche che fa sì che l’ente debba pagare anche le spese in favore delle controricorrenti, liquidate nella somma di 13.000 euro per compensi, 200 euro per esborsi oltre accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma pari 3.000 euro.
Secondo quanto calcolato dal Comune, vanno ad essere sommate, oltreché i circa 9 milioni di euro, anche le somme derivati da interessi e altre voci. La cifra da pagare è quindi intorno ai 31 milioni di euro. Una mazzata storica per il secondo comune della provincia di Latina.