“Esprimere perplessità sulla sostenibilità economica della riattivazione della ferrovia Gaeta – Formia sicuramente provocherebbe stupore e sconcerto. “Come, non vuoi la Littorina?” si direbbe. Avere dubbi è impopolare e alla politica toglie consenso. Per questo i convegni, le pubblicazioni e i progetti che hanno accompagnato la proposta di riapertura, hanno glissato sulla sua sostenibilità economica. Nel migliore dei casi si è tentato di giustificare l’opera in relazione ad un mai quantificato alleggerimento del traffico stradale e dell’inquinamento conseguente.
Di questo se ne è accorta oggi (finalmente) anche la Regione che, in risposta ad una interrogazione del consigliere 5 Stelle Zuccalà sul blocco dei lavori, enumera l’assenza di una serie di integrazioni tecnico/amministrative necessarie per il completamento dell’opera. Tra di esse: la dotazione di un sistema di alimentazione della linea in armonia con la transizione energetica nazionale; la verifica dei progetti da parte di ANSFISA e l’acquisizione dei relativi pareri e autorizzazioni; la validazione, da parte di un organismo indipendente, degli adeguamenti afferenti alla sicurezza ferroviaria; larealizzazione degli attestamenti dei rotabili, deposito e attrezzaggio; un piano economico-finanziario espressione della sostenibilità infrastrutturale e gestionale della ferrovia.
Quello che continua a non essere chiaro è come il Consorzio Industriale Sud Pontino abbia potuto
- vendere ad un privato la stazione e parte del relativo piazzale,
- appaltare l’opera,
- spendere sinora decine di milioni di euro, senza aver già prodotto quanto oggi richiesto.
Della serie “intanto inizio, poi si vede”. Invece, almeno sulla sostenibilità infrastrutturale e gestionale qualche considerazione andava fatta.
- La gran parte delle persone tende a dare per certo che gli utenti attratti dalla nuova linea possano sostenerne la riattivazione attraverso la sottoscrizione degli abbonamenti e la vendita dei biglietti. Si finisce così per dare per scontato qualcosa che invece non è. Gestire la tratta con 16 coppie di corse al giorno significa spendere non meno di 1,5 milioni all’anno (valutazione del 2018). I proventi della vendita di biglietti e abbonamenti, stimati sui dati del pendolarismo dei lavoratori, degli studenti e del possibile flusso turistico stagionale, coprirebbero circa un terzo del costo annuo. Perciò, senza il supporto regionale per i costi di gestione, la tratta sarebbe costantemente in perdita.
- Pensare poi di utilizzare la tratta per il servizio merci del porto costituisce un’ipotesi del tutto residuale. Infatti il porto di Gaeta serve un territorio limitato, compreso tra il Lazio meridionale, l’alta Campania e una parte del Molise, e risente fortemente della concorrenza degli altri scali del medio Tirreno (Civitavecchia, Napoli e Salerno). I testi di economia dei trasporti insegnano che la convenienza del trasporto ferroviario si ottiene per le lunghe tratte, che non si riscontrano nel bacino di utenza del porto di Gaeta.
Da quanto sopra esposto si evince che completare la tratta, senza l’impegno certo della Regione per il finanziamento della sua gestione annuale, non porta da nessuna parte. Meglio affrontare i problemi per come sono: si rischia di costruire qualcosa che poi potrebbe non essere utilizzata. A meno che il comune di Gaeta e quello di Formia non intervengano, ogni anno, con propri fondi di bilancio, a pareggiare i costi. Ma di questo non c’è traccia in nessun documento e/o delibera.
Treni, autobus extra urbani e urbani vanno integrati in un progetto unitario, fatto di linee, di parcheggi di scambio, di servizi, di adeguamenti viari per fluidificare il traffico di attraversamento in tutta l’area del golfo.
Purtroppo non vi è traccia di tutto ciò, ma è impressionate come si continui a ciarlare di autostrada Roma – Latina, addirittura fino a Fondi (Salvini) e di allaccio alla fantomatica Pedemontana, recentemente riscoperta dal Consigliere Regionale Cosmo Mitrano.
Il progetto di riattivazione della littorina non è solo un fatto ingegneristico: rifare i binari è condizione necessaria ma non sufficiente per far marciare i convogli. Per questo la riscontrata assenza della verifica di sostenibilità infrastrutturale e gestionale rappresenta un vulnus che rischia di compromettere tutto il progetto”.
Così, in una nota, le associazioni “Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine” e “Incontri & Confronti”.