LE CROCETTE, FONDI: LA SALITA PIÙ DURA DELLA PROVINCIA DOVE SI ALLENAVA PANTANI

Marco Pantani - Querce
Sono passati vent’anni da quando la squalifica di Marco Pantani dal Giro d’Italia spezzò i sogni e gli entusiasmi di un’intera generazione di appassionati. Una generazione che aveva trovato in quello scalatore di Cesenatico un vessillo di dignità e coraggio, voglia di vincere e abnegazione. Cose per cui vale la pena vivere, anche da spettatori.
Pantani al Tour
Pantani al Tour

Il 5 giugno del 1999, Pantani, il ciclista che all’epoca correva per la Mercatone Uno, fu fermato dai commissari dell’antidoping per via dei valori troppo alti di ematocrito nel suo sangue. Era in corsa per vincere il suo secondo Giro d’Italia consecutivo, anzi, in realtà, l’aveva già vinto dominandolo dall’inizio alla fine, offrendo la sensazione di invincibilità unita al solito spettacolare talento quando la strada diventava ripida e lui pedalava in salita mangiandosi i metri, lasciando i suoi avversari sulla sella, persino ammirati a vedere uno che, al netto delle tante invidie, era troppo forte. Un modo di correre che non era cannibalesco come Eddy Merchx ma che sapeva donare delle emozioni che dalla sua dipartita il mondo del ciclismo mondiale non avrebbe più rivisto.

La sua morte, avvenuta il giorno di San Valentino nel 2004, nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini, è stata oggetto di un’inchiesta (archiviata dal Giudice dell’udienza preliminare per intervenuta prescrizione dei presunti reati) della Procura di Forlì che scrisse parole inquietanti su tutta la vicenda. Fu la camorra a fermare Marco Pantani il 5 giugno del 1999 alla vigilia della penultima tappa del Giro d’Italia con Gava, Mortirolo e Aprica. Le indagini condotte portarono il pm Sottani a scrivere che “un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”. Il controllo antidoping effettuato a Madonna di Campiglio trovò il pirata con un ematocrito al 51,9% contro il 50% consentito dalle norme dell’Uci, la federciclismo mondiale. Da quel momento cominciò il punto di non ritorno del Pirata che si concluse con la morte.

Il bagno della stanza d'hotel di Pantani ritrovata a soqquadro nel momento del ritrovamento del cadavere
Il bagno della stanza d’hotel di Pantani ritrovata a soqquadro nel momento del ritrovamento del cadavere

Secondo quanto pubblicato dalla Gazzetta dello Sport, sarebbero state le scommesse miliardarie contro Pantani a spingere a questo progetto per far perdere il romagnolo, trama rivelata anche dalla famosa frase del bandito Renato Vallanzasca in carcere: “Un membro di un clan camorristico in carcere mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani. “Non so come, ma il pelatino non arriva a Milano. Fidati”.
Tutto prescritto con l’ultima chance di arrivare quantomeno a un po’ di verità (per la giustizia terrena siamo “ingiustamente” fuori tempo massimo) fornita alla Commissione Antimafia del Parlamento italiano a cui l’ex generale di brigata della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, insieme all’avvocato Cocco, ha consegnato un dossier di 56 pagine per chiedere una nuova inchiesta. Il generale ha testimoniato in audizione davanti alla Commissione, il 16 aprile scorso, che, dalle analisi effettuate sulla repertazione e i filmati, qualcuno era presente nella stanza d’hotel di Pantani al momento del decesso del ciclista e che il corpo fu spostato nel periodo tra la morte e il rinvenimento da parte del portiere del residence Le Rose.

A distanza di tanto tempo, il tributo a Marco Pantani, la cui morte ha spezzato quel cuore che ogni ragazzo degli anni Novanta riservava a giugno e luglio di ogni anno, accettando anche le chilometriche telecronache del grande Adriano De Zan e dell’attuale commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo Davide Cassani, lo vogliamo dare umilmente ricordando ciò che legava lo scalatore di Cesenatico alle terre della provincia pontina.
Grazie al blog pedalareversoilcielo, ricordiamo Pantani come merita. Lontano dall’ombra di doping, scommesse e camorra.
Una delle salite più dure che non ti aspetti di scoprire in una zona limitrofa al mare, hanno scritto da pedalareversoilcielo, si trova nel comune di Fondi lungo la strada che porta al valico di Serra Saglione (510 metri).
salita QuerceUna volta attraversato il centro urbano, si prosegue verso la frazione denominata, Querce; trattasi di un agglomerato urbano, sito alle pendici di un complesso di monti appartenenti alla catena degli Aurunci nel parco naturale dei Monti Aurunci. Da Fondi la strada risale la Valle delle Querce fino ad arrivare a Le Crocette a quota 510.
Si parte dal centro urbano con la strada che sale e non smette mai di farlo fino in cima. È una salita con pendenze discontinue e brusche, che non consente respiro. La parte iniziale della strada è stretta, poi la sede stradale si allarga, ma rimane sempre una strada di montagna a pochi passi dal mare. Il panorama è suggestivo e si pedala tra ali di bosco, con alberi di medio fusto; e proprio la fitta vegetazione, consente di respirare ossigeno a pieni polmoni. Ci si trova nella foresta demaniale Sant’Arcangelo. Si parte da 0 metri circa dal livello del mare, e si arriva a quota 510; lunghezza 6 km circa; pendenza media 7,4; pendenza max 14%. È una salita che nella parte iniziale presenta degli strappi fino al 14%; successivamente la pendenza rimane irregolare, ma non scende mai sotto il 6/7%.
Una volta giunti in cima, si trova un bivio; a sinistra si prosegue verso Lenola, arrampicandosi per circa 200 metri circa, prima di iniziare una lunga discesa, quasi rettilinea; a destra invece la strada prosegue verso Taverna, una frazione del comune di Campodimele. In quest’ultimo caso, il percorso  è contraddistinto da una strada stretta e ricca di curve, che diventa una discesa veloce e tecnica, al termine della quale, si giunge in una vallata molto suggestiva, immersa nel silenzio del Parco degli Aurunci, ricca di vegetazione di alto fusto. Giunti ad un incrocio, si continua su una strada provinciale: a sinistra si può proseguire verso Lenola, Pico; a destra si raggiunge Campodimele e il santuario della Madonna della Civita.
Su questa salita si allenava Pantani, durante il ritiro invernale che svolgeva a Terracina: qui testava la gamba, spingendo a tutta.
Eravamo negli anni Novanta, quando ancora qualcosa, come le emozioni che regalava Pantani, era sicuro.
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