Giovedì 25 maggio, dalle 16.30 alle 19.30, presso il MUG, Museo Giannini di Latina, in via Oberdan 13, si svolgerà la chiusura di un importante laboratorio, svolto con la classe 2^B del Liceo G. B. Grassi e promosso dall’Ordine degli Architetti P.P.C. della provincia di Latina. Il contesto è quello di un progetto lanciato ormai da cinque anni, su iniziativa del Consiglio Nazionale degli Architetti, e che vede coinvolti gli Ordini di oltre 50 provincie, con il titolo “ABITARE IL PAESE/LA CULTURA DELLA DOMANDA, – Attivare comunità educanti: nuove generazioni per un progetto di futuro”.
Inserito come attività PCTO (Alternanza scuola-lavoro) per l’anno scolastico 2021-2022, il progetto è stato seguito dalla prof.ssa di Disegno e Storia dell’Arte, Serena Cassoni, e per conto dell’Ordine degli Architetti P.P.C. della provincia di Latina, dal Tutor esterno arch. Paolo Costanzo e dal referente del progetto, arch. Elisabetta Casoni.
Il titolo proposto è stato “La costa pontina e il Mediterraneo – Un contributo alla formazione di una cultura del mare” e diverse le attività svolte sia individualmente che in gruppo. Inizialmente la classe è stata invitata a raccontare e ad esprimere la propria esperienza con il mare, attraverso parole e disegni, attivando da subito, anche con il confronto delle rispettive elaborazioni, uno sguardo critico verso il territorio.
Successivamente questi 23, ragazze e ragazzi, sono stati metaforicamente invitati a lasciare la riva e a confrontarsi con il tema dell’immigrazione. Lo spunto è stato offerto dalla lettura di alcuni passi del libro “Naufraghi senza volto”, di Cristina Cattaneo, medico legale milanese, protagonista di quel grande recupero di 366 corpi sprofondati davanti alle coste di Lampedusa il 3 ottobre del 2013.
La volontà era quella di restituire un’identità, una storia e perfino la dignità a quei tanti cadaveri senza nome.
Quel sacchetto di terra cucito nella maglietta di un giovane ragazzo eritreo, quel sacchetto in cui aveva conservato non una foto della sua famiglia o un oggetto prezioso, ma la terra del suo paese è stato lo spunto per realizzare “La mia terra…la tua terra”, dei collage su cartoni, su cui ogni ragazza e ogni ragazzo della classe ha inserito un sacchetto della terra di un luogo intimo, a loro particolarmente caro.
Un segnale di solidarietà e anche un ulteriore stimolo per riflettere sulla propria terra, sul proprio paesaggio, sul proprio patrimonio storico e ambientale.
La lucidatura, in piccoli gruppi, delle cartografie territoriali a diversa scala li ha poi aiutati a riconoscere i luoghi, a individuarne i caratteri prevalenti e infine a comprenderli consapevolmente.
Stimolati dalla visita degli architetti Massimo Palumbo, Francesco Tetro e dal prof. Massimo Pompeo, divisi in gruppi, hanno poi approfondito la storia del territorio, la duna costiera e le torri difensive, i laghi, i fiumi e i canali, il Parco nazionale e la via Appia. Tre ragazze hanno poi indagato sul mito di Circe fino alle più recenti interpretazioni.
E se i migranti non sono solo un problema, se non sono solo espressione di dolore e sofferenza, se nei loro paesi di origine non c’è solo una presunta arretratezza culturale, proprio seguendo il drammatico percorso di un ragazzo ghanese, un gruppo ha deciso di studiare il suo paese di origine, anche incoraggiati dal Tutor a soffermarsi sulla contemporaneità.
E così è emerso che Lesley Lokko, architetto e scrittrice scozzese, con cittadinanza ghanese, è la curatrice della Biennale di Architettura 2023, appena inaugurata, con il titolo “THE LABORATORY OF THE FUTURE”.
Una edizione in cui si insiste sul rapporto tra Africa e mondo occidentale, sulla diaspora dei tanti architetti africani, sul tema della decolonizzazione, dunque del riscatto sociale e culturale di un intero continente.
Abbiamo deciso di partecipare, immaginando di essere presenti nel Padiglione Italia, con tre installazioni e un progetto di architettura.
Tutte riportano incastonate e come rivestimento di alcune parti, le ceramiche di Serge Attukwei Clottey, artista ghanese anche lui.
E quindi sono stati realizzati “La porta del Circeo”, ispirata a quella di Lampedusa di Mimmo Paladino, “Il setto del vento” e “Africa Djembe”, il grande continente africano fra noi.
A Rio Martino, infine, nel sedime di un rudere abbandonato, due ragazze hanno immaginato di realizzare una grande biblioteca pubblica, che evocasse, nella forma cilindrica, le torri difensive della nostra costa, ma tutta svetrata e trasparente, come un grande faro, un luogo di conoscenza e di solidarietà fra le ragazze e i ragazzi che solcheranno ancora il Mediterraneo.