Accusati di corruzione ed induzione indebita: sono stati ascoltati il giudice di Latina Giorgia Castriota e il consulente Silvano Ferraro
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, Natalia Giubilei, lunedì 24 aprile, ha ascoltato, nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, il giudice di Latina, Giorgia Castriota, assistita dagli avvocati Giuseppe Valentino e Paolo Zeppieri, e il consulente e coadiutore giudiziario, Silvano Ferraro, difeso dall’avvocato Leone Zeppieri e Gianluca Tognozzi. Presenti all’interrogatorio anche il Procuratore Capo di Perugia, Raffaele Cantone, e il sostituto procuratore, Gennaro Iannarone.
Sia Castriota che Ferraro, dal carcere di Rebibbia, hanno risposto entrambi alle domande del Gip Giubilei, fornendo la loro versione e respingendo gli addebiti nei loro confronti. Un interrogatorio durato per due ore, i cui verbali delle risposte sono stati secretati. Oggi, 27 aprile, invece, toccherà a Silvana Vitto, l’altra persona arrestata (ai domiciliari), difesa dall’avvocata Giulio Liscio. Amica e nominata anche lei coadiutrice giudiziaria, la donna dovrà rispondere delle accuse che l’hanno coinvolta nell’inchiesta perugina.
Ad ogni modo, pure se i verbali sono stati secretati, il Corriere della Sera edizione Roma, nell’edizione odierna (27 febbraio), pubblica qualche stralcio delle risposte fornite dal giudice Castriota e dal commercialista Ferraro al Gip Giubilei.
Secondo Castriota, infatti, “non ci sono stati reati, solo comportamenti deontologicamente non corretti. Trai di noi – riferendosi al rapporto che aveva con Ferraro, il quale, secondo l’accusa, le pagava sfizi e le retrocedeva parte dello stipendio come coadiutore giudiziario (carica per la quale Castriota avrebbe favorito la nomina da parte dell’amministratore giudiziario, l’indagato Stefano Evangelista) – c’è vero amore ed è sbagliato dire che stavamo insieme per interesse“.
“Ho scelto di restare a vivere a Roma – ha proseguito Castriota nel suo interrogatorio, rispondendo alle accuse di una vita al di sopra delle sue possibilità economiche – per stare vicino a lui (nda: Ferraro), tanto che condividevamo la stessa colf”. E Ferraro di rimando ha confermato: “Era normale che dessi una mano con le spese di casa, dato che guadagnavo di più”.
Sia Ferraro, difeso dagli avvocati Leone Zeppieri e Gianluca Tognozzi, che Castriota, assistita dall’avvocato Giuseppe Valentino e dall’avvocato Paolo Zeppieri, hanno ribadito che i gioielli o l’orologio di lusso erano regali fatti nell’ambito della loro relazione sentimentale e che non c’è mai stato accordo corruttivo né tangenti. Ferraro, tramite i suoi legali, ha già presentato ricorso al Tribunale del Riesame. Non è escluso che, dopo la decisione del Gip di Perugia sulla sua scarcerazione o meno, anche Castriota proceda a ricorrere al Tribunale del Riesame.
Come non bastasse, il Messaggero edizione Latina ha tirato fuori anche una storia in cui Castriota avrebbe condotto a prezzi regalati un’asta per cani di razza coinvolti in un sequestro giudiziario.
LE INDAGINI PERUGINE – Le indagini avviate dalla Procura di Perugia – coordinate dal sostituto procuratore Gennaro Iannarone e dal Procuratore Capo Raffaele Cantone – sono state delegate ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia ed erano in corso, da parecchi mesi, nel massimo riserbo.
I reati contestati a Castriota, Ferraro e all’altra amica del giudice, Silvana Vitto, a vario titolo, sono quelli di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari ed induzione indebita a dare o promettere utilità.
Il procedimento penale trae origine dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili al medesimo gruppo operante nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari, presso la Procura della Repubblica di Latina. Nello specifico, l’imprenditore, Fabrizio Coscione di Nettuno (che pochi giorni fa è stato destinatario, insieme ad Antonio Geracitano, di un sequestro milionario eseguito dalla Guardia di Finanza di Latina) lamentava irregolarità e condotte non trasparenti che vi sarebbero state nella gestione dei compendi aziendali sequestrati e che, secondo quanto da lui prospettato, sarebbero state poste in essere dagli amministratori giudiziari e dal coadiutore, con l’avallo del giudice per le indagini preliminari.
Secondo quanto emerso dalle investigazioni, il conferimento degli incarichi nelle società sequestrate a Vitto e Ferraro (compagno-amante di Castriota) sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il decreto legislativo n. 159/2011, il quale stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, una “assidua frequentazione”, intendendosi per tale “quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi net tempo e connotato da reciproca confidenza, nonche il rapporto di frequentazione tra commensali abituali“.
Gli approfonditi accertamenti svolti hanno disvelato — cosi come espressamente sottolineato dal Gip del Tribunate di Perugia, Natalia Giubilei, nell’ordinanza cautelare – “attraverso le intercettazioni telefoniche ed i riscontri documentali acquisiti un quadro granitico di gravità indiziaria” facendo intravvedere “un chiaro quadro di accordi corruttivo e di vendita della funzione, nel quale soggetti nominati [dal giudice] all’interno dell’amministrazione, già legati da rapporti personali pregressi, retrocedevano al magistrato, sotto forma di contributo mensile ed altre regalie, parte del denaro… [che lo stesso giudice]…liquidava loro per l’adempimento degli incarichi“.
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Al termine dell’interrogatorio, gli avvocati degli indagati hanno chiesto sia per Castriota che per Ferraro la misura più lieve dei domiciliari. Il Gip Giubiliei si è riservata di decidere.