CASO CASTRIOTA, GLI AVVOCATI DI LATINA CHIEDONO TRASPARENZA SUGLI AFFIDAMENTI

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Caso Castriota: dopo l’arresto del giudice del Tribunale di Latina, gli Avvocati del Foro pontino esprimono la loro preoccupazione

“Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Latina, letta la nota del 20 aprile 2023 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, esprime preoccupazione in merito ai fatti così come descritti, che destano apprensione nell’Avvocatura pontina e negli utenti della giustizia.

Ribadendo con forza la presunzione di non colpevolezza ed in attesa degli esiti del procedimento penale, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Latina evidenzia che la vicenda sottende la problematica dei criteri di affidamento degli incarichi giudiziari dovuta alla criticità della normativa che regola la materia e auspica un urgente e significativo intervento del legislatore che garantisca un adeguato controllo degli affidamenti sotto il profilo della trasparenza e della rotazione”.

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Così, in una nota, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Latina dopo gli arresti di ieri, 20 aprile, che hanno coinvolti il giudice per le indagini preliminare del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota, e due commercialista romana, Silvano Ferraro e Stefania Vitto, entrambi collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria.

I reati contestati ai tre, a vario titolo, sono quelli di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari ed induzione indebita a dare o promettere utilità.

Secondo la Procura di Perugia, il giudice Castriota, ristretta nel carcere di Rebibbia, avrebbe svenduto la sua funzione in cambio di regalie quali, ad esempio, gioielli e un abbonamento allo stadio Olimpico. Per quanto emerso dalle investigazioni, chiariva una nota del Procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, il conferimento degli incarichi da parte del Gip Castriota sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il decreto legislativo n. 159/2011, il quale stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, una “assidua frequentazione”, intendendosi per tale “quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi net tempo e connotato da reciproca confidenza, nonche il rapporto di frequentazione tra commensali abituali“.

Il giudice di Latina — secondo l’ipotesi accusatoria, allo stato, fatta propria dal Gip di Perugia — non solo avrebbe direttamente nominato ed agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito, sistematicamente, parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso Giudice nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate.

Gli inquirenti umbri sono convinti che vi fosse da parte del magistrato di origine cosentina, a Latina dal 2016, l’intenzione di portare le società al fallimento e nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo, verosimilmente, di mantenere il controllo sulla procedura e non perdere la fonte di guadagno oltre a quello di tutelare se stessa da ingerenze esterne e da eventuali soggetti estranei, che avrebbero potuto evidenziare le criticità o la mala gestio dell’amministrazione giudiziaria.

L’inchiesta perugina è nata dalla denuncia dell’imprenditore di Nettuno, Fabrizio Coscione, rappresentante legale pro tempore di diverse società e destinatario di un sequestro nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari.

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