Esattamente cinquanta anni fa il Giro d’Italia, il 22 maggio del 1969, arrivò a Terracina. E fu tragedia.
Questa è una storia sbagliata, ma va raccontata. A due giorni dall’inizio del Giro d’Italia con la cronometro di Bologna e a meno sei dall’attesissima quinta tappa che partirà da Frascati per arrivare in provincia, a Terracina, passando per Cisterna di Latina, Borgo Podgora, Borgo Piave, Latina, Borgo San Michele, Sezze (gran premio della montagna di quarta categoria), Roccagorga, e lambendo Roccasecca dei Volsci e Priverno, la storia della corsa ciclistica più importante del Belpaese non è fatta solo di bei paesaggi e imprese epiche ma anche di delusioni, doping e, come in questo caso, da veri e propri drammi.
Terracina, nelle info turistiche del Giro d’Italia, viene descritta oleograficamente: “a poco più di 100 km da Roma e 120 km da Napoli, si adagia su circa 15 km di costa, nell’ampio golfo racchiuso dai promontori del Circeo e di Gaeta. Due sono i simboli di Terracina: il mare ed il Tempio di Giove Anxur, parte di un complesso monumentale che costituiva l’acropoli, posto sul Monte S.Angelo, da cui si gode una vista mozzafiato che abbraccia il golfo e le isole pontine”. Una cartolina sì, ma che ci fa ricordare di quanto siamo fortunati, almeno dal punto di vista storico e naturalistico.
Al netto di ordinanze e contro-ordinanze (vedi qui l’ultima ordinanza odierna del Comune di Latina), plessi scolastici chiusi nelle città, polemiche sul manto stradale – segnalato dall’organizzazione del Giro come “molto usurato” nella parte centrale, ossia Latina città -, i problemi di oggi vengono soppiantati da ciò che accadde ieri, nel ’69, quando l’uomo sbarcò sulla Luna e l’Italia era in piena Prima Repubblica a guida del democristiano Mariano Rumor, col socialista Giuseppe Saragat al Quirinale.
La tappa del Giro d’Italia del 1969 che arrivò a Terracina era la settima quella volta e partiva da Viterbo. Grandi erano i nomi di quel Giro: Felice Gimondi, Marino Basso, Michele Dancelli, Franco Bitossi ecc. E grande fu l’emozione per la provincia di ospitare una tappa che vide trionfare, nella volata finale, il ciclista più forte di tutti i tempi: il Cannibale belga Eddy Merckx, vincitore in carriera di tutto ciò che si poteva ottenere con cinque Giri e cinque Tour de France a campeggiare sul suo infinito palmares.
Ma quel giorno del 22 maggio, come si vede dalle immagini in bianco e nero, e un po’ sgranate del tempo, a vincere non fu né il Cannibale né il suo rivale Gimondi (che poi alla fine si sarebbe aggiudicato il Giro). Purtroppo perse il Giro perché all’arrivo di quella volata, col Cannibale che l’avrebbe vinta di un pelo, crollò una tribuna laterale dove erano assiepati i tifosi e morì un bambino di 11 anni oltreché a 48 feriti tra pubblico e ciclisti coinvolti dal cedimento della struttura.
Quella tragedia fu un presagio. Il Giro finì tristemente con una classifica tutta italiana – ai primi tre posti Gimondi, Michelotto e Zilioli – e il campione dei campioni, Eddy Merckx, in lacrime squalificato per doping, risultato positivo alla francamina che si trovava nel Reactivan, un prodotto venduto liberamente in Italia. Il Cannibale fu escluso e poi perdonato così da poter partecipare al Tour de France del mese dopo per stravincerlo. Per il bambino non ci fu niente da fare, Terracina fu la sua fine.