Elezioni politiche: sconfitta annunciata e netta per il Partito Democratico. In provincia di Latina, uno dei primi ad analizzare il knock out è il candidato alla Camera, nel collegio uninominale, Tommaso Malandruccolo
“Tempo di analisi e riflessioni – esordisce sulla sua pagina Facebook, il consigliere comunale di Latina e candidato per il centrosinistra alla Camera dei Deputato, Malandruccolo -. Il Partito Democratico in provincia ha perso anche nelle sue roccaforti storiche, tutte segnate da una percentuale di astensionismo che rappresenta il primo partito assoluto e che sono convinto contenga la protesta di gran parte di cittadini vicini all’area di centro sinistra. Il silenzio del dissenso, verso un partito in cui non si riconoscono più. L’ho ribadito più volte anche in campagna elettorale, dagli elettori del PD si levano le critiche più severe, non sempre costruttive, verso il suo interno, e manca la capacità di metterle da parte nei momenti più difficili. Siamo i maestri del masochismo politico“.
“Questo voto polarizzato verso una persona, e non un partito, perché è stata solo la Meloni a fare da traino, passato da poco più del 4% di 5 anni fa alle percentuali attuali, dimostra che non governare paga, vedi pure il risultato della Lega. Paga non essere entrati nel governo inseguendo un principio di coerenza, cosa in cui sono cascati in tanti, ammaliati da questo atto di rinuncia apparentemente così virtuoso e distante dalle logiche delle poltrone. Con il 4% del 2018 avrebbero aspirato a poco o nulla, e quindi, consapevolmente, in questo contesto hanno scelto di non assumersi responsabilità e di restare sul pulpito a pontificare verso chi cercava di portare il paese fuori dalla peggiore situazione, sanitaria, climatica, economica e geopolitica dal dopoguerra ad oggi. Chi non lavora non sbaglia e guadagna consensi, ma sia chiaro, è comunque la democrazia ad aver vinto, il risultato delle urne è e resta una conquista di civiltà che va sempre rispettata”.
“Riguardo la debacle del PD va ricercata anche senza scavalcare il confine di mezzeria. Quello che doveva essere un partito dal campo largo al suo interno, si è trovato a trattare sistematicamente alleanze per uno all’esterno, perlopiù fuoriusciti, restituendo l’idea di una frammentazione individualista, inutile e spesso dannosa. Certo si dovrà risolvere un problema d’identità del partito, ancora combattuto fra le tre anime che più lo rappresentano. Un problema che io non mi sono mai posto, perché ne ho sposato lo spirito di chi lo ha costituito attraverso il suo Manifesto dei Valori, in cui ho sempre colto quel faro unitario, che se condiviso, non lascerebbe spazio ad ambiguità. Deluso dal risultato ma non affranto, i segnali, anche i più ruvidi, vanno letti ed interpretati, affinché dal giorno dopo si continui a lavorare più di prima, ma non come prima, senza però commettere l’errore di inseguire quella popolarità liquida che sembra oggi essere dominante“.
“Sotto il profilo personale – conclude l’esponente dei Dem – l’unica soddisfazione è quella di aver restituito, in questo quadro così drammatico, un risultato migliore di quello conseguito dal mio omologo cinque anni fa, quando a livello nazionale il clima era più favorevole”.