Il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Salute a risarcire per 600mila euro un 82enne di Latina: si ammalò di epatite C a causa di una trasfusione infetta nel 1982
Il Tribunale di Roma, tramite la sentenza n.13503 emessa oggi, 19 settembre, ha condannato il Ministero della Salute per trasfusioni di sangue infetto somministrate alla moglie dell’uomo nel 1982. Entrambi i coniugi sono di Latina.
L’uomo aveva interrotto ogni rapporto con la moglie deceduta 15 anni fa proprio a causa delle conseguenze dell’epatite C contratta durante un ricovero. Nel 2014, l’uomo ha scoperto di essere a sua volta positivo al virus Hcv durante esami del sangue di routine.
Il virus ha poi causato all’uomo cirrosi e un tumore al fegato. Passato qualche anno l’uomo, assistito dall’avvocato Renato Mattarelli, ha ricostruito la sua vicenda sanitaria comprendendo che la donna era morta proprio di cirrosi epatica e che la sua malattia era stata causata da trasfusioni di sangue infetto.
L’avvocato Mattarelli, nel 2019, ha avviato una causa per il “danno indiretto o da rimbalzo”: l’uomo non sarebbe mai stato contagiato dalla moglie se la donna non fosse stata a sua volta contagiata dalle trasfusioni del 1982.
Dopo quasi 40 anni, i giudici hanno riconosciuto un risarcimento di 600mila euro poiché “non vi è dubbio che, sulla base delle produzioni in atti e degli accertamenti medici d’ufficio, può essere ravvisata sia la sussistenza di un nesso causale tra le trasfusioni e la patologia contratta, sia la conseguente responsabilità del Ministero convenuto”.
“Per quanto attiene alle cause che hanno determinato la contrazione del virus, il nesso causale con la patologia contratta dalla ex moglie a seguito delle trasfusioni del 1982 può ritenersi accertato giudizialmente in forza del principio della verosimiglianza nonché per la mancata prova dell’esistenza di altre possibili situazioni produttive del contagio”.
