13 ANNI DI MORSI, PESTAGGI, OFFESE: “TI BUTTO GIÙ DAL VENTESIMO PIANO”. AL PROCESSO LA VITTIMA FA FATICA A RICORDARE

maltrattamenti

Un calvario di 13 anni tra insulti e pestaggi, eppure la donna maltrattata non ricorda niente nel corso del processo

Dal 2007 al 2020 una serie incredibili di episodio violenti subiti dall’ex compagno con cui oggi, 15 luglio, la donna, ritenuta parte offesa nel processo per maltrattamenti a carico dell’uomo, dice di essere in buoni rapporti, condividendo insieme, ma da separati, i tre figli avuti dalla loro relazione.

È la storia di un quarantenne pontino che, accusato di maltrattamenti, deve rispondere nel relativo processo che si tiene davanti al secondo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Elena Nadile.

Interrogata come testimone dal pubblico ministero Giuseppe Miliano, la donna, ex compagna dell’uomo, fa fatica a ricordare praticamente tutto le viene chiesto dal magistrato. L’udienza è quella cruciale perché ad essere ascoltata è proprio lei, la persona offesa che, dopo anni di botte e insulti, decide di denunciare tutto nel 2020 alla Polizia di Stato di Latina.

Nel 2008, a Latina Scalo, dove vivono insieme, uno dei primi episodi. La donna, che lavora in una cooperativa, riceve una telefonata da un collega affetto da disabilità. Lui, per tutta risposta, spacca il telefono e la pesta a calci e pugni, con l’aiuto di una mazza da baseball. L’anno prima, in un’altra circostanza, erano stati schiaffi e minacce per redarguirla di qualcosa che continua ad essere alimentato dalla quantità di alcol che l’uomo assume.

Il motivo scatenante dei suoi comportamenti da “Zampanò” è la gelosia che prova nei confronti della compagna la quale, in un’altra circostanza, viene aggredito: labbra e dente spaccati con un pugno. Il motivo? Erano ad un battesimo di un parente e la donna aveva perso il ciuccio di uno dei figli.

E ancora, in una lunga discesa agli inferi della disumanità, la donna viene morsa all’orecchio. Successivamente, nel corso di un ulteriore battesimo, l’imputato si convince che la compagna abbia un debole per il fratello, vede uno sguardo tra i due che non gli piace e la pesta di botte, prendendole la testa e sbattendola a terra violentemente. La furia dell’oggi quarantenne non si ferma neanche davanti ai minori come quando schiaffeggia la compagna che ha in braccio il loro bambino piccolo.

Per quattro o cinque volte, la donna è costretta a recarsi in ospedale. Solo nelle ultime due occasioni spiega ai sanitari di essere stata aggredita dal compagna. Alla fine, esasperata, dopo aver subito un’altra violenza con un sopracciglio spaccato tramite una bottiglia di birra e una un morso all’orecchio, la donna si decide a denunciare. È lì che racconta tutto, anche gli insulti. Una volta, al mare, a lui non va bene il perizoma indossato da lei e la appella dandole della prostituta: “Ti butto giù dal ventesimo piano, ti sparo in bocca, ti gambizzo, ti faccio saltare in aria con la macchina”.

Dopo cinque giorni, la donna ritira la denuncia, ma non può più salvare il compagno. La legge va avanti d’ufficio e oggi, a distanza di anni, si celebra il processo la cui prossima tappa è stata fissata la prossimo 13 gennaio. “Adesso – dice la donna interrogata a fatica dal pm – stiamo bene. Lui vive in Emilia Romagna”.

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