VARIANTE INDIANA: NESSUN CASO TRA I SIKH DI SABAUDIA

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Variante indiana, l’Istituto Spallanzani chiarisce: nessun riscontro per i sikh di Bella Farnia, solo un passeggero di quelli arrivati col volo del 28 aprile

È con una nota ufficiale che lo Spallanzani ha voluto sgomberare il campo da voci e suggestioni delle ultime ore su possibili casi di variante indiana tra gli appartenenti alla comunità sikh di Sabaudia. C’è solo un caso, che non riguarda i “pontini”, che ha a che vedere con un passeggero atterrato dall’India a Fiumicino il 28 aprile.

Inoltre, è da chiarire che ancora nessuno della comunità scientifica ha potuto certificare con chiarezza se la variante indiana (B.1.617) sia più contagiosa, o ancorché più letale. Peraltro, non è ancora certo se sia più resistente ai vaccini. Da più parti, al contrario, è stato dichiarato che la variante in questione non ha più resistenza ai vaccini rispetto ad altre varianti. Secondo il virologo Giovanni Maga, direttore dell’l’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia, “c’è uno studio di un gruppo indiano in cui i ricercatori dimostrano che il vaccino indiano in sperimentazione, protegge contro da questa variante, ed è un vaccino analogo a quello cinese, basato sul virus inattivato – ha detto intervistato dal Corriere della Sera – Lo studio è al momento in revisione per la pubblicazione ma i dati sono già stati messi a disposizione su un banca dati pubblica perché la comunità scientifica potesse già valutarli“.

LA NOTA DELLO SPALLANZANI – Al momento nessuna infezione riconducibile alla variante “indiana” è stata identificata nella comunità indiana presente nella provincia di Latina. L’evolversi della situazione è sottoposta ad attenta sorveglianza, grazie anche al grande impegno delle USCAR. Delle 23 positività al test molecolare riscontrate fra passeggeri e membri dell’equipaggio del volo Al 1123 proveniente dall’India, atterrato a Fiumicino il 28 aprile una sola presenta tutte le mutazioni tipiche della variante “indiana” 8.1.617, compresa quella nella proteina Spike in posizione 484, oggetto di attenzione. Altre 12 sono riconducibili a ceppi indiani mancanti di questa specifica mutazione. Si ribadisce che allo stato attuale non vi è dimostrazione di aumentata contagiosità e patogenicità delle varianti “indiane”. Per quanto attiene alle varianti in generale, si ribadisce che è importante monitorarle e studiarle per adeguare le misure di prevenzione e di contenimento, ma è prevedibile che nuove varianti sicuramente continueranno ad emergere e a diffondersi, come è nella natura dei virus. L’importante è non dimenticare che la lotta è al virus, non alle singole varianti.

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