TERRENI OCCUPATI ABUSIVAMENTE PER 50 ANNI: MAZZATA DA 3 MILIONI PER IL COMUNE DI LATINA

Comune di Latina, riconosciuto dal Commissario straordinario un debito fuori bilancio da oltre 2 milioni di euro

Un debito fuori bilancio “monstre” fatto valere da una delibera commissariale con i poteri del consiglio comunale licenziata oggi 27 aprile. Si tratta di un provvedimento, firmato dal Commissario straordinario del Comune di Latina, Carmine Valente, che dà atto di un contenzioso dinanzi al Tribunale civile di Latina con i privati Giorgio e Renato Pediconi.

La storia è antica. Si parte nel 1971 quando la famiglia Pediconi, quale comproprietara dei terreni siti in via Milazzo (Campo Boario), fa causa all’ente di Piazza del Popolo per aver occupato abusivamente. Cinque anni dopo, nel 1976, il Tribunale di Latina rigetta la domanda dei privati stabilendo che “sui ridetti appezzamenti si è costituita una tipica servitù di uso pubblico: servitù “sui generis” in quanto gravante sui beni privati non a favore di beni pubblici bensì a favore di una indeterminata collettività di persone che di quei beni si servono per la soddisfazione del pubblico interesse alla viabilità”.

“Chiaramente, invero, – proseguiva la sentenza – dalla espletata prova testimoniale, è risultato che tra i lotti che i proprietari del terreno avevano venduto, e che erano stati destinati a costruzione di abitazioni civili, erano stati tracciati dei necessari camminamenti […] . Successivamente […] il Comune di Latina, sollecitato con insistenza ad intervenire dai proprietari delle abitazioni confinanti, provvide alla sistemazione dei tracciati trasformandoli in strade”.

Sembrava tutto finito, dopodiché, 34 anni dopo, nel 2010, sempre il Tribunale di Latina si pronunciava di nuovo su una causa intentata da un figlio dei Pediconi che chiedeva una nuova decisione. Il Tribunale pontino ha declinato la propria giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo, condannando il ricorrente alle spese (850 euro).

Passata la causa al Tar di Latina, quest’ultimo, nel 2011, ha ritenuto inammissibile il ricorso di Pediconi.

Non è finita perché, otto anni dopo, i Pediconi tornano alla carica chiedendo di nuovo al Tribunale di Latina la condanna del Comune di Latina al pagamento di somme a titolo risarcitorio/indennitario per le aree illegittimamente occupate in Via Milazzo, nonché la restituzione delle somme incamerate dall’Amministrazione per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e per la concessione di diversi passi carrabili.

Dopo un’istanza di accesso agli atti andata a vuoto, uno dei Pediconi ottiene dal difensore civico regionale la prima vittoria: la causa al Comune di Latina è meritevole di accoglimento. L’Amministrazione comunale viene così invitata a riesaminare l’istanza dei ricorrenti oltre che – nel caso in cui dovesse confermare l’indisponibilità dei documenti – ad esporne in modo analitico e dettagliato le ragioni, con particolare riguardo alle modalità di conservazione degli atti cui la richiesta di accesso si riferisce ed alle
strutture di riferimento.

A novembre 2020, succede che il Servizio Lavori Pubblici del Comune di Latina, interessato dalla richiesta di accesso agli atti da parte del privato, afferma che il fascicolo sui terreni di Via Milazzo “non esiste trattandosi, come accertato in occasione di azioni legali e giudiziali intraprese dallo stesso Pediconi (sentenza n. 481/1976), di terreni di proprietà privata che insistono all’interno di una lottizzazione a tutti gli effetti (in sentenza n. 481/1976 risultante – in base alla CTU – come “mai regolarizzata”) con viabilità a servizio non tracciate dal Comune”.

È così che Pediconi trasmette alla Segrederia Generale istanza di accesso agli atti in merito ai “lavori di sistemazione di strade e marciapiedi nei quartieri R/4-R/7”, la quale ha rinvenuto le deliberazioni ed i documenti. A novembre 2021, il Tribunale di Latina pone al consulente tecnico nominato una serie di quesiti per vederci chiaro sulla vicenda. Domande che vogliono fare chiarezza sulla natura de terreni occupati, sulle opere di urbanizzazione, sull’iter di approvazione dei marciapiedi e delle strade e altro. Insomma, a distanza di 50 anni chi ha ragione tra il privato e il Comune di Latina?

Una risposta grave per il Comune in quanto le opere vennero eseguite, presumibilmente nel 1991, trasformando definitivamente le particelle n. 188, 367 e 829 del Foglio 137 di proprietà della famiglia Pediconi, con la creazione di acquedotti, pubbliche fognature, impianti di pubblica illuminazione e cavidotti mentre il procedimento ablatorio non fu mai avviato.

Ecco perché, per il Tribunale di Latina “si configura una effettiva ed irreversibile trasformazione delle aree di servitù in opera pubblica e di conseguenza un comportamento antigiuridico dell’Ente”, mentre in merito al quesito n°7 – vale a dire l’integrale valore di mercato dei terreni occupati – il Comune di Latina ha effettivamente esercitato un potere concessorio con il rilascio di numerosi passi carrabili “comportandosi di fatto come proprietario delle aree”.

In soldoni, dopo oltre 50 anni, si appura che è ragionevole la richiesta del risarcimento del danno per l’illegittima occupazione delle aree di proprietà dei ricorrenti oltre al pagamento del valore delle aree illegittimamente acquisite. Le aree dovrebbero essere restituite al privato, ma sarebbe assolutamente anti-economico considerato che nel frattempo lì sono sorte infrastrutture pubbliche. Restituire le aree, ragiona oggi il Comune di Latina, soccombente nel contenzioso civile, “creerebbe disagi irreversibili ai residenti in quella parte del quartiere che utilizzano tale viabilità, conforme allo strumento urbanistico vigente, come soluzione di accesso alle loro abitazioni”.

L’unica soluzione, per l’Ente, è acquisire al proprio patrimonio indisponibile le aree occupate abusivamente. Una soluzione logica non proprio economica per il Comune di Latina che l’Ufficio Espropri quantifica in 2.272.748 euro.

Dopo mediazione dalle parti e visto dell’avvocatura comunale, l’ente di Piazza del Popolo si mette d’accordo col privato per sanare l’abuso alla cifra di 2.550.000: due milioni e oltre cinquecentomila euro. Una cifra che, aggiungendo atto pubblico e rogito, sale a 2.808.115 euro da versare al privato. Poco più di 3mila euro al consulente tecnico.

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