I LUNGHI SILENZI DEL COMMISSARIO ZINGARETTI SUI PPI

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Nicola Zingaretti
Nicola Zingaretti, Presidente e Commissario ad acta per la Sanità della Regione Lazio

È il 23 agosto, da settimane i consigli comunali di Cori, Sezze, Sabaudia e Gaeta si sono riuniti in via straordinaria e hanno deliberato all’unanimità la propria contrarietà alla chiusura dei Punti di Primo Intervento, Franco Brugnola e il suo Comitato per la difesa del PPI di Via Conte Verde hanno appena fatto protocollare presso l’ASL di Latina 8767 firme, quando l’assessore alla Sanità e integrazione socio-sanitaria Alessio D’Amato invia una nota al Ministro Giulia Grillo di richiesta di modifica del Decreto Ministeriale n.70 del 2 aprile 2017. La mossa di D’Amato viene resa pubblica solo il 14 settembre e ha l’effetto di spiazzare tutti. Spiazza il vicepresidente della Commissione VII in Regione Lazio Loreto Marcelli del Movimento 5 Stelle, che non disdegnerebbe eventuali modifiche al Decreto del Commissario ad Acta n. 257 del 5 luglio 2017; spiazza la Consigliera sempre del M5S Gaia Pernarella, che ha già da agosto depositato un’interrogazione rivolta a Zingaretti in cui si pone l’ attenzione su modalità e tempi di applicazione del DCA 257, e che si aspetta piuttosto una proroga nella cornice regionale; spiazza anche i funzionari dell’ASL di Latina, che già stanno provvedendo alla conversione dei PPI; spiazza amministratori comunali e comitati civici, questi ultimi nel frattempo si sono costituiti a difesa dei PPI e sono pronti a dare battaglia con migliaia di firme e ricorsi in sede amministrativa. Non coglie di sorpresa invece il Presidente della Commissione Sanità del Lazio Giuseppe Simeone di Forza Italia che il 6 settembre ha già fatto leggere i contenuti di una bozza di O.d.G al centro sociale Calabresi di Sezze ad un proprio referente locale in cui si fa menzione esplicitamente della nota del 23 agosto. Un particolare fondamentale che durante la veloce lettura sfugge ai media locali e agli spettatori. Non prende alla sprovvista neppure il Consigliere di maggioranza Salvatore La Penna, che è a conoscenza di tutto e che dichiara in quel giorno come esistano due percorsi alternativi a tutela dei PPI: la modifica a monte del Decreto Lorenzin-Padoan da parte della Grillo, o un superamento del DCA 257 in sede di Consiglio regionale. Il documento di D’Amato è l’ultimo atto riconducibile alla volontà della Giunta regionale sulla questione, dopodiché cala il silenzio. 

“LA PATATA BOLLENTE” RILANCIATA A GIULIA GRILLO

Domina il silenzio anche dalle parti di Trastevere dove la Grillo sa benissimo che per modificare il DM 70 sarebbe necessario riconvocare la Conferenza permanente per i rapporti tra  lo Stato, le Regioni e le Province Autonome. Quella stessa Conferenza che con l’Atto d’Intesa 98 del 5 agosto del 2014 aveva dato il via a quel processo che aveva portato prima all’adozione del Decreto Interministeriale Lorenzin-Padoan 70/2015, poi più specificatamente in chiave regionale al Decreto del Commissario del 5 luglio. Un Atto d’intesa che non ha precluso al Governatore Luca Zaia di inaugurare un nuovo Punto di Primo Intervento lungo la Laguna veneta e che invece è stata declinato in direzione di una chiusura dei piccoli presidi d’emergenza nelle Regioni del Centro-Sud dove la contabilità è sofferente: Lazio, Molise, Puglia.

LA SPENDING REVIEW DEL COMMISSARIO ZINGARETTI

Lo sa benissimo Nicola Zingaretti, che dal 21 marzo 2013 è stato nominato dal Consiglio dei Ministri Commissario ad Acta della Sanità di una Regione ormai dal 2007 vincolata a un durissimo Piano di Rientro e alla quale i funzionari del Ministero dell’Economia hanno prospettato, in caso di rispetto di una serie di impegni, un’imminente uscita dall’amministrazione straordinaria. Lo sa benissimo Zingaretti, sotto il cui Governatorato è stata chiusa la terapia intensiva neonatale del San Filippo Neri, l’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia sempre del San Filippo Neri, quest’ultima ufficialmente per ragioni di sicurezza, Acqualuce di Ostia, l’unica struttura pubblica gratuita per il parto in acqua della nostra Regione, sono stati tagliati 117 posti letto (passando da 325 a 208) per la neuroriabilitazione all’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Santa Lucia sull’Ardeatina. Intanto le grandi Aziende Ospedaliere romane pubbliche presentano ogni anno deficit da capogiro: nel 2017 il San Camillo-Forlanini ha chiuso con uno scostamento rispetto ai programmi di 65 mln di euro, il San Giovanni 36,3 mln, il Policlinico Umberto I 23,8 mln, il Sant’Andrea 15 mln. Dati che non devono troppo impressionare se paragonati a quelli del 2014 quando il San Camillo sforava di 158mln, l’Umberto I di 89, il Sant’Andrea di 53.

Sorride il Commissario che a colpi di tagli lineari ha sottoposto ad una cura da cavallo le strutture ospedaliere pubbliche laziali conseguendo importanti risultaticontabili, ma non troppo dal momento che la sanità pontina rimane una delle dodici fatiche di Ercole ancora da affrontare. Il DEA del Goretti coi suoi 165 accessi giornalieri è allo stremo, al DEA del Dono svizzero si registrano carenze di personale medico e attese troppo lunghe per i pazienti, le Case della Salute promesse ad Aprilia, Cisterna, Cori e Gaeta ancora non ci sono, alla CdS di Sezze radiologia esiste solo sul sito, infine ci sono quei Sette Punti di Primo Intervento da disattivare. Sì, perché è proprio questa la parola utilizzata dal Commissario Zingaretti in una nota del 5 luglio 2016 (prot. n.354891 GR/11/48) indirizzata agli allora Ministri Lorenzin e Padoan in riferimento a quei tredici Punti di Primo Intervento laziali, di cui sette in Provincia di Latina (Cisterna, Cori, Sezze, Priverno, Sabaudia, Gaeta, Minturno). Contestualmente viene inviata ai Direttori generali delle ASL interessate una direttiva in cui li esorta a preparare la riorganizzazione (13 settembre 2016). Poi nel Decreto n.257 del 7 aprile del 2017 i Punti di Primo Intervento non sono più tredici, ma dodici: il PPI del CTO Andrea Alesini di Garbatella è stato salvato. 186mila euro necessari per la sua ristrutturazione sono stati trovati e il PPI viene convertito in Pronto Soccorso Traumatologico. Potere della politica!

LA LETTERA CONGIUNTA DI CORI DEL 18 SETTEMBRE

Il sindaco di Cori Mauro Primio De Lillis, dopo aver ottenuto la sottoscrizione di tutti gli altri 11 rappresentanti dei Comuni laziali sede di PPI (da Montefiascone e Ronciglione della Tuscia alla reatina Magliano Sabina, passando per Ladispoli e Palombara Sabina, incluse nell’hinterland metropolitano di Roma Capitale, fino agli altri sei centri pontini), indirizza una lettera ai ministri Grillo e Tria, al Presidente della Regione e al Presidente della VII Commissione. In essa si fa leva sulle peculiarità morfologiche del territorio laziale, con infrastrutture che richiedono in molti casi tempi medio-lunghi a causa della distanza tra i diversi paesi e città, e la presenza di strutture ospedaliere dislocate a diverse decine di chilometri. Per avere qualche numero in riferimento ad alcuni comuni collinari della nostra Provincia: se venissero chiusi i PPI sia di Sezze che di Priverno, un residente di Prossedi impiegherebbe con l’automobile 29 minuti, percorrendo 31,5 km, prima di raggiungere il Pronto Soccorso del Fiorini di Terracina e 38 minuti, percorrendo 36,4 km, prima di arrivare al DEA del S.Maria Goretti. Se poi si trattasse di un residente nella frazione di Lucerna nel Comune di Roccasecca dei Volsci i minuti salirebbero a 46 minuti (35 km) per il Fiorini e 1 ora e 1 minuto per il Goretti (dati ricavati da Google Maps): troppo, tempi che possono fare la differenza tra la vita e la morte in caso di rischio di shock anafilattico! Lo stesso documento fa successivamente menzione di alcuni comuni sottoscriventi a forte vocazione turistica (Sabaudia, Gaeta e Ladispoli su tutti), la cui popolazione nella stagione estiva tende a moltiplicarsi in via esponenziale e per la quale i Punti di Primo Intervento rappresentano un primo e irrinunciabile step per le cure basilari. Sempre secondo la lettera, i PPI laziali, oltre a registrare percentuali di accesso attorno al 75% di codici bianchi e verdi, si occupano di stabilizzare codici gialli e codici rossi nel 25% dei casi. In ultimo la missiva presenta un’istanza di soprassedere alla chiusura degli attuali PPI determinando un’ingiusta interruzione di un Servizio Pubblico essenziale che non può esser sostituito da soluzioni tampone.

RICHIESTA DI PROROGA E MANOVRE DI AGGIRAMENTO

La nota di D’Amato è rimasta senza risposta, il viaggio del Consigliere regionale della Lega Angelo Orlando Tripodi a Roma dal sottosegretario Maurizio Fugatti del 26 settembre ha prodotto come unico effetto una bella fotografia sui giornali.

Il Consigliere regionale della Lega Angelo Orlando Tripodi (a sinistra) e il Sottosegretario alla Sanità Maurizio Fugatti (al centro).

In questo contesto il 3 ottobre in Consiglio regionale si vota, tra gli altri, anche l’OdG Simeone di richiesta di proroga di un anno del termine di applicazione del DCA 257. L’OdG propone di fatto un anno di riflessione per valutare la scelta se chiudere i PPI entro il 31 dicembre 2019 e convertirli, se al di sopra dei 6mila accessi annui, in postazione 118 medicalizzata, o magari, nell’auspicio di un superamento del commissariamento per il prossimo capodanno, potenziarli. L’OdG Simeone viene approvato, tuttavia in quello stesso giorno in Consiglio si passa ad alta velocità dal dramma alla farsa. L’OdG proposto dai due consiglieri piddini Enrico Forte, di Priverno, e Salvatore La Penna, di Sezze, di costruire un Nuovo Ospedale a Latina passa all’unanimità. Il giorno dopo Vincenzo Zaccheo è in sollucchero e, rivendicando la paternità del progetto di costruzione del Polo ospedaliero del Nord Pontino a Borgo Piave in project financing su demanio regionale, sprona Damiano Coletta a procedere in tal senso. Coletta però è lesto e previdente e ha già convocato per il 10 ottobre i sindaci della Provincia nell’aula consiliare di Piazza del Popolo per affrontare non solo il tema dei 7 PPI pontini, ma anche quello dei progetti di costruzione sia dell’ Ospedale di Latina che di quello del Nuovo Ospedale del Golfo di Formia.

QUEL PROJECT FINANCING CHE DESTA PERPLESSITÀ 

Anno 2003: sotto l’impulso dell’allora sindaco Zaccheo il Consiglio comunale di Latina approva all’unanimità il progetto di costruzione di un Nuovo Ospedale del Nord Pontino. Un successivo protocollo d’intesa tra ASL Latina, allora sotto la direzione generale di Ernesto Petti, e Comune individua il sito su cui costruire in un’area di demanio regionale a Borgo Piave. Il progetto ha poi il parere favorevole della Commissione Sanità della Regione Lazio nonché quello della Conferenza dei sindaci della Provincia e quello dell’Ordine dei medici di Latina. Secondo Zaccheo la costruzione del Nuovo Ospedale a Borgo Piave non peserebbe in alcun modo sulle finanze della Regione sfruttando lo strumento del project financing. Cos’è la finanza di progetto? Sostanzialmente un soggetto promotore pubblico, la Regione Lazio ad esempio, coinvolge uno o più soggetti privati nella realizzazione, gestione e accollo, in questo caso totale,  dei costi di opere pubbliche. Il soggetto finanziatore, che sia un Istituto di credito o un costruttore, in quest’ultimo caso anche soggetto esecutore, otterrà ristoro dai flussi di cassa derivanti dall’attività di gestione dell’opera pubblica stessa. Il problema è che Zaccheo ha sempre parlato di ospedale interamente pubblico, allora il privato da quale attività trarrebbe ristoro? O dall’edificazione di quale area trarrebbe ristoro? Si tratta propriamente di un project financing? Oltretutto Zaccheo parla di demanio regionale a Borgo Piave, ma siamo sicuri che quest’area non coincida totalmente o parzialmente con quella individuata nell’ambito del progetto di Corridoio Intermodale Roma-Latina (A12-Tor de’ Cenci-Borgo Piave) per la realizzazione dello svincolo autostradale (tangenziale nord est Borgo Piave-Borgo San Michele)? Insomma si tratta di un progetto pieno di interrogativi che però ha avuto il consenso bipartisan di consiglieri regionali quali Enrico Forte e Angelo Tripodi. Salvatore La Penna nel suo OdG del 3 ottobre, e Gaia Pernarella che ha votato a favore del medesimo, non hanno mai fatto menzione né delle modalità di finanziamento né del sito in cui edificare l’opera, tuttavia si sono espressi favorevolmente circa l’opportunità di edificare un nuovo Polo ospedaliero. Analoga posizione è quella dell’attuale Sindaco di Latina.

VISIONE URBANA/CENTRALISTA E VISIONE PERIFERICA/POLICENTRICA A CONFRONTO

Priorità per l’offerta sanitaria della nostra Provincia è l’attivazione del DEA di II livello dell’Ospedale Santa Maria Goretti, che non può prescindere né dalla ristrutturazione e dall’adeguamento dell’edificio né dallo stanziamento totale delle risorse finanziarie per l’implementazione della pianta organica (DCA n.257/2017). Altra priorità è la costruzione del Nuovo Ospedale del Golfo a Formia, che dovrà per funzioni ospedaliere e per numero di posti letto interamente sostituire il Dono svizzero, come già previsto nel DCA n.232 dell’11 dicembre 2016 all’art.1, commi 602 e 603. Fatte queste premesse, è evidente che chi antepone l’obiettivo della costruzione di un nuovo Ospedale nel Nord Pontino a quello della tutela del principio di prossimità alle cure mediche e di un’adeguata offerta di servizi sanitari per gli abitanti dell’area collinare-montana dei Lepini, come dei comuni sud-pontini, promuove una visione centralista non solo dell’emergenza, ma di tutta la distribuzione dei servizi sanitari nella Provincia. Una concezione basata sull’accentramento delle unità d’emergenza, reparti e posti letto nei maggiori centri urbani costieri, a scapito dei centri dell’entroterra in generale (la c.d. “periferia”) e dei centri costieri al di sotto dei 30mila residenti. Le dichiarazioni di Zaccheo a mezzo stampa di quest’agosto ne sono un esempio, come lo è l’OdG Forte-La Penna del 3 ottobre. Questa rappresentazione ha trovato attuazione nelle politiche sanitarie della Regione che hanno portato alla progressiva chiusura negli ultimi quindici anni degli ospedali di Cori, Sezze, Priverno, Gaeta e Minturno. A questa visione si contrappone quella periferica o policentrica di chi ritiene fondamentale una equilibrata e proporzionata distribuzione dei servizi sanitari essenziali in relazione alla demografia e alle specifiche esigenze di tutto il territorio pontino. Una concezione che ha trovato espressione il 6 settembre al Centro sociale Calabresi di Sezze, il 18 settembre nella lettera condivisa dai 12 sindaci dei comuni sede di PPI, il 6 ottobre sotto la pioggia a Piazza Signina a Cori, il 10 ottobre nell’aula consiliare del Comune di Latina attraverso gli interventi di alcuni sindaci e infine il 13 ottobre a Piazza della Libertà a Gaeta.

Iniziativa al centro sociale Calabresi di Sezze sulla chiusura PPI (in alto); Manifestazione a difesa dei PPI del sudpontino a Piazza della Libertà di Gaeta (in basso).

LA CONFERENZA DEI SINDACI DEL 10 OTTOBRE

L’8 ottobre a Via Costa presso la sede della Provincia il Presidente Carlo Medici convoca parti sociali (CGIL, CISL e UIL), consiglieri regionali pontini (Gaia Pernarella, Giuseppe Simeone e Salvatore La Penna), i sindaci. Simeone ribadisce i contenuti del proprio OdG. Due giorni dopo è la volta della Conferenza locale sociale e sanitaria durante la quale i Sindaci (o loro delegati), riaffermando la necessità di preservare i PPI, propongono la costituzione di un Comitato ristretto composto dai primi cittadini dei sette comuni, oltre che da quelli dei comuni sede di Ospedale. Il Comitato ristretto dovrà elaborare una proposta di riorganizzazione dell’assistenza sanitaria di emergenza a livello territoriale. Peccato che questa proposta era stata già fatta due anni fa dall’allora sindaco cisternese Eleonora Della Penna, sempre in Conferenza locale sociale e sanitaria, sempre sotto la Presidenza di Coletta! Il gelo cala quando prende la parola il Direttore generale dell’ASL di Latina Giorgio Casati il quale dichiara che i PPI, non avendo alle spalle un ospedale, presentano dei rischi per i pazienti. Casati ricorda anche l’importanza di ricondurre il tutto ai medici generale. Tradotto in sintesi: i Punti di Primo Intervento devono essere superati e al loro posto esser istituiti nelle ore diurne dei Presidi Ambulatoriali Territoriali. La stabilizzazione dei codici gialli e rossi direttamente al DEA di riferimento, l’accoglienza dei codici verdi idem. Rimangono in periferia solo i codici bianchi. Di notte ci sarà una postazione 118 a provvedere agli utenti, con un medico capace di valutare se il paziente può essere trattato in loco o essere trasferito presso il più vicino Pronto Soccorso. Casati aggiunge infine che dovrà entro il mese d’ottobre fare relazione in Regione circa i provvedimenti adottati in materia. È in questo contesto che il sindaco De Lillis, leggendo un comunicato del Comitato civico per la Difesa dell’Ospedale di Cori, chiede le dimissioni del dirigente piacentino che appena 10 mesi fa aveva condotto l’ASL di Latina fuori dal commissariamento.

Conferenza locale sociale sanitaria dei Sindaci del 10 ottobre

CHE SIA PROROGA O VERDETTO DEFINITIVO

Dalle parti di Via Cristoforo Colombo (Regione Lazio) tutto tace e nessun atto formale di proroga ad oggi è stato adottato. Il termine di scadenza per l’applicazione dell’allegato 1 continua ad essere il 31 dicembre 2018. Non rimane ai cittadini che far valere nelle piazze o attraverso la giustizia amministrativa il principio di prossimità alle cure mediche, qualunque esse siano, in conformità con l’art. 32 della Costituzione.  

 

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